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5 Aprile 2023

Intervista a Jean-Baptiste Passé (Festival del Libro di Parigi) e Fabio Gambaro (Festival Italissimo)

Autore:
Federica Malinverno, Actualitté

È stato difficile raccogliere l’eredità dei festival precedenti e affrontare la necessità di posticipare l’invito all’Italia a causa della pandemia? 

JBP: Rispetto alle edizioni precedenti, si tratta per me di un’eredità positiva che sono stato felice di raccogliere. In effetti, è una straordinaria opportunità che l’Italia sia l’ospite d’onore, si tratta di un invito di eccezionale interesse e abbiamo iniziato a lavorare con le istituzioni italiane sin dall’aprile 2022. 

 

FG: L’evento è stato rinviato, ma c’è sempre stato lo stesso desiderio fin dall’inizio da parte degli editori e degli autori italiani di portare avanti questa iniziativa. Nella percezione italiana, il fatto che l’Italia sia l’ospite d’onore del Festival del Libro di Parigi è molto importante in termini di visibilità e di scambi.

 

Come è avvenuta il coordinamento tra il Festival del Libro di Parigi, e il Festival Italissimo, una manifestazione, quest’ultima, esistente da tempo e creata per promuovere la produzione letteraria italiana in Francia? 

JBP: Italissimo, che esiste da otto anni, ha lo scopo di sviluppare e promuovere le relazioni tra gli editori da un lato e dall’altro delle Alpi. Fabio Gambaro ha accettato di allinearsi alle nostre date, che sono un vincolo della nostra manifestazione. Questo ha permesso di dare coerenza all’intero programma e di renderne intelligibili i percorsi Questa è una delle mie ossessioni: il programma deve essere intelligibile.

 

FG: Negli ultimi otto anni, con Italissimo abbiamo non solo accumulato esperienza, ma anche consolidato relazioni con luoghi emblematici della capitale. Quest’anno, questi luoghi chiave sono anche al servizio del programma italiano per tutta la settimana. Ad esempio, lunedì 17 aprile, al Teatro Odéon, si terrà lo spettacolo Le voci di Dante con Toni Servillo, prodotto da Il Piccolo Teatro di Milano e dal Ministero degli Affari Esteri. Con il Festival del Libro abbiamo creato un vero rapporto di collaborazione, di cooperazione. 

 

Chi gestisce il programma italiano del Festival del Libro di Parigi? Quali sono gli obiettivi principali?  

FG: Il Festival si è occupato della preparazione del padiglione e dell’intero contesto, a livello strutturale, ma la programmazione, ossia la scelta degli autori e dei temi, è stata gestita direttamente dall’AIE (Associazione Italiana Editori). Siamo riusciti ad invitare 49 autori, ma è vero che ogni inclusione porta ad un’esclusione, questa è la regola del gioco. E ogni esclusione è dolorosa per noi, per l’editore e per l’autore. 

In generale, l’obiettivo del programma italiano è quello di presentare nella sua globalità la varietà del panorama editoriale italiano, un panorama che è un po’ diverso da quello francese, cioè molto meno concentrato, almeno in senso geografico. 

Poi ci sono le questioni relative alle fasce d’età, cioè i giovani, gli scrittori che non si sono ancora affermati in Francia, che vogliamo promuovere, accanto ad autori già conosciuti. È sempre un equilibrio difficile da gestire. 

 

JBP: E non dobbiamo dimenticare un altro criterio che guida la scelta delle personalità da invitare al Festival: quello delle novità editoriali, cioè opere di autori italiani che saranno prossimamente disponibili in traduzione in Francia.

 

Ci sarà uno spazio dedicato alla cessione dei diritti esteri durante il Festival? 

JBP: La questione della vendita dei diritti è complicata. Durante la giornata professionale di venerdì 21 aprile, si svolgeranno incontri B2B tra editori francesi e italiani, ma nelle prossime edizioni vogliamo organizzare una vera e propria sessione di scambi e vendite di diritti. Questo è uno dei nostri obiettivi per il 2024. 

 

FG: In effetti, non c’è niente di meglio di un incontro diretto per spiegare le qualità e le caratteristiche di un libro. A mio avviso, l’incontro tra professionisti è un fattore importante per dare un volto umano al rapporto con i libri.

 

Quali settori editoriali sono rappresentati al Festival? 

FG: La maggior parte degli scrittori invitati al Festival appartiene al mondo della letteratura: questa è anche un po’ la richiesta del pubblico ed è la regola del gioco di questo evento. Altri settori sono meno rappresentati per una questione di spazio, o diciamo di geometria euclidea. Un limite – spaziale e temporale – che è comune a tutti gli eventi.

  

JBP: In effetti, il programma italiano prevede 25 incontri con gli autori in 32 ore. Del resto, spesso gli autori di altri settori editoriali sono un po’ meno identificati dal pubblico. Inoltre, a mio parere, la natura orale dell’evento pone dei limiti ai segmenti del libro illustrato: mi rendo conto che non è così facile far parlare gli illustratori, al di là dell’occasione delle dediche… Insomma, Il Festival non può fare tutto: certamente ha un alto potere simbolico, ma non può riassumere la totalità dell’editoria francese o italiana.

 

Quale spazio viene dedicato agli editori indipendenti? 

JBP: Ci sono state non poche polemiche sulla questione degli editori indipendenti. Recentemente ho partecipato alle Assises de l’édition indépendante française, a Aix-en-Provence. Il problema rimane attuale e sto continuando a lavorare con i rappresentanti e le agenzie librarie regionali per aumentare la biblio-varietà e la rappresentatività di tutta l’editoria francese in occasione del Festival. La regione Ile-de-France sarà presente al Festival in modo abbastanza massiccio e consistente e, ad esempio, l’Associazione degli editori della Nuova Aquitania verrà senza il sostegno della sua regione. 

 

Quali sono i valori del Festival del Libro di Parigi? La libertà di espressione e l’indipendenza, temi letterari e politici attuali, saranno affrontati durante il Festival? 

JBP: L’umiltà è senza dubbio uno dei primi valori. Infatti, se dovessi difendere un valore, sarebbe quello del discernimento, del lavoro, della lettura; in altre parole, accettare di confrontarsi con cose da cui ci aspettiamo di meno. 

In concreto, la libertà di espressione sarà un argomento veicolato attraverso il Festival, non un tema oggetto di un focus specifico. Anche se, in generale, il tema della libertà di espressione è centrale, è quasi intrinseco al Festival. Dal momento in cui cerchiamo di promuovere la lettura, siamo in questo processo affermazione di libertà, libertà di espressione e di coscienza. Ma più che di libertà di coscienza, si tratta di chiederci: libertà per cosa? Come alimentiamo questa libertà? Questa è la domanda che mi pongo.

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