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5 Aprile 2023

Intervista a LeeAnn Bortolussi, responsabile dei diritti internazionali presso Giunti Editore

Autore:
Katherine Gregor, traduttrice letteraria dall'italiano all'inglese

LeeAnn, ci parli del suo background e di quando e come è venuta a vivere in Italia.

Sono di origine californiana e sono cresciuta a Santa Barbara, dove ho conseguito una laurea in inglese (e una complementare in letteratura italiana moderna) a Stanford. Nel 1985 sono venuta in Italia. Dovevo rimanere per un anno, forse per studiare un po’, volevo solo prendermi una pausa… e poi, dopo un mese, ho incontrato mio marito. Ho iniziato a lavorare nell’editoria nel 1989 e mi sono sempre occupata di diritti esteri: prima presso Dami Editore e poi da Giunti (in vari settori: libri per bambini e per adulti, libri illustrati, di narrativa e di saggistica). Con la mia squadra, naturalmente! Tiziana Geminiani, Cristina Zangrandi e Valentina Mazza. Sono in tre, ma fanno il lavoro di migliaia di persone.

 

Pensa che il fatto di essere originariamente non italiana e perfettamente bilingue le offra un angolo di osservazione privilegiato sulla letteratura e sull’editoria?

Penso sia più facile per me immaginare cosa pensino della letteratura italiana alcuni editori stranieri: in molti casi i nostri punti di riferimento letterari sono gli stessi, un po’ più internazionali o più anglofoni. È sempre stato affascinante per me vedere, in una prospettiva globale, quale letteratura venga letta in traduzione nei più diversi paesi del mondo: abbiamo tutti storie e influenze diverse. 

In generale, credo che per me, osservando le cose da una certa distanza, sia più facile cercare di capire come un editore straniero valuti uno scrittore italiano, dove lo collochi, quale rapporto stabilisca con un certo libro e verso quali lettori del suo mercato pensi di poterlo indirizzare. Siamo tutti originari di qualche parte del mondo, e dunque siamo tutti stranieri rispetto ad altri paesi : appartenendo a due culture, lo sento molto forte, sempre. Conosco bene i confini, vedo sempre una cultura dalla prospettiva di un’altra, mi muovo avanti e indietro.

 

So che spesso traduce lei stessa i campioni dei libri che propone agli editori anglofoni: come ci si sente a dover indossare il cappello del traduttore? Cosa le dà la possibilità di comprendere il lavoro di un traduttore?

Quando si studia, lavorare con due lingue significa tradurre di continuo, perciò sento che da molti anni non faccio altro che tradurre, in un certo senso. Immagino che sarei stata felice anche se avessi deciso di scrivere: insomma, quando traduco mi sento a perfettamente a mio agio. 

Tuttavia, preferisco avvalermi di traduttori per preparare le nostre traduzioni-campione, e intervengo solo quando i tempi sono stretti e ho bisogno urgentemente di un testo. Purtroppo siamo spesso costretti a lavorare di fretta! Ma sono pronta a fare quasi tutto per un editore. Non manco di tornare su un testo una seconda volta, oppure di fare tradurre un estratto più lungo da un traduttore. Mio marito è traduttore e conosco l’attenzione e l’energia che si dedicano a una buona traduzione letteraria: non è cosa da prendere alla leggera. 

Mi piace l’immersione nel testo che si compie nel lavoro di traduzione: è un’esperienza completamente diversa da quella della semplice lettura di un testo. È come nuotare in un mare. Si è circondati e sostenuti dal testo, e ci si può muovere attraverso di esso in modo fluido e vedere come è fatto, si sente il suo ritmo e la sua consistenza. A volte credo che tradurre anche solo una piccola parte di un testo possa dare una visione di un romanzo molto utile quando si discute con gli editori: ecco perché perché gli editori spesso si affidano ai traduttori come lettori o come scout di letteratura straniera.

 

Ritiene che il mercato dei libri di traduzione sia cambiato negli ultimi anni? In che modo?

Il mercato internazionale delle traduzioni è in continua evoluzione. Non è mai stabile, ovviamente, e i recenti eventi mondiali lo hanno reso ancora più complicato. Ma continuerà a cambierà, perché le persone cambiano, le culture cambiano, la letteratura cambia: tutto è in continuo movimento e gli editori si adattano sempre ai mercati. Credo che, per molti versi, gli editori siano gli esseri umani più flessibili del pianeta, quelli che meglio sanno rispondere agli input del contesto in cui operano. 

In passato ci sono stati momenti in cui gli editori stranieri sono stati molto aperti alle traduzioni dall’italiano o da altre lingue in generale. Recentemente forse lo sono stati meno, anche se la disponibilità di sovvenzioni alla traduzione dall’italiano offre a tutti nuove opportunità. Anche i riflettori puntati sull’Italia, quest’anno in Francia e l’anno prossimo in Germania, sono un fattore molto importante. Per vari motivi, credo che un segmento più ampio di editori abbia ormai una certa familiarità con l’acquisto di diritti di traduzione. Quanto al numero di traduzioni che effettivamente verranno realizzate, questo dipenderà da vari fattori. Molti mercati sono in movimento in questo momento, gli editori scelgono con attenzione e forse hanno meno margini di manovra per provare qualcosa di nuovo. 

 

Ci sono generi specifici che si vendono meglio agli editori stranieri rispetto ad altri? 

Anche questo cambia. A Francoforte, l’anno scorso, ho persino sentito le parole ‘umorismo’ e ‘commedia’, concetti spesso difficili da tradurre e dai quali gli editori tendono a rifuggire. Ma in questo momento c’è un grande bisogno di distrarsi e di godersi una bella storia di farsi due risate. Le nostre vite non sono state facili negli ultimi tempi, per tanti motivi.  

Credo che alla fine tutti i generi “funzionino”, in un Paese o in un altro, se non ora, più tardi. Non posso dire che solo la narrativa commerciale venda, o i gialli, o la narrativa letteraria, perché di tutti questi generi abbiamo venduto i diritti.

Anche l’intreccio tra narrativa e serie cinematografico-televisive è molto interessante. Generi diversi si affermano in ambito letterario e poi trovano nuovi sviluppi in altri linguaggi: il dialogo tra schermo e pagina è costante. Si consumano molte storie e credo che questo sia fantastico, adoro parlare con le persone di ciò che guardano e leggono, di ciò che le emoziona e di ciò che non  di ciò che non riescono a smettere di leggere o di guardare. Penso che questa interazione abbia per molti aspetti migliorato la narrazione e creato le condizioni perché il mondo della scrittura e dell’editoria si espandesse e crescesse con nuova energia.

 

Ci sono Paesi che tendono ad essere più aperti nei confronti di titoli italiani rispetto ad altri? Suppongo che i Paesi anglofoni siano i più difficili da coinvolgere…

Ci sono momenti in cui un Paese è più ricettivo nei confronti di un tipo di letteratura rispetto ad un altro. Questo può dipendere da storie ed esperienze culturali diverse, o anche da successi recenti, a cui gli editori sono molto attenti. Insomma, ci sono ‘momenti italiani’ in cui tutti vogliono leggerci, e periodi di “siccità” in cui sembra esserci meno interesse per le storie italiane. Sono così tanti i fattori che entrano in gioco, che non è sempre immediato capire le cause di queste alterne vicende. Per questo motivo, tra alti e bassi, l’unica chiave per presentare i libri è l’ascolto. Bisogna ascoltare l’editore con cui si conversa, per capire cosa sta cercando ora o cosa potrebbe interessargli in futuro. Lei ha ragione, gli Stati Uniti e il Regno Unito traducono meno di altri Paesi, ma ci sono molti editori intelligenti e curiosi che sono alla ricerca di voci internazionali. Abbiamo avuto successo lavorando con i Paesi anglofoni ed è una cosa che mi fa molto piacere.

 

Gran parte della letteratura italiana è fortemente ambientata in contesti regionali e spesso vengono utilizzate parole ed espressioni del dialetto locale (questo è particolarmente vero per i romanzi ambientati nell’Italia centrale e meridionale). Come reagiscono gli editori stranieri?

A volte questo può essere un fattore che non incoraggia gli editori stranieri, i quali devono valutare come la vicenda narrata verrà percepita nel proprio paese e se la lingua non è troppo complessa. Ma una grande storia si impone sempre, a prescindere da tutto. Comunque lei ha ragione: alcune espressioni possono rendere più difficile la traduzione; tuttavia, ci sarà sempre l’esigenza di scrivere nelle lingue locali e nei dialetti, che altrimenti rischierebbe di scomparire. In concreto, ciò significa che i libri che usano espressioni locali, ma lo fanno con moderazione, saranno i candidati migliori per essere tradotti. E questa è una base di partenza. Occorre pur iniziare da qualche parte, e più un lettore sa, più vuole sapere: questo apre la porta a conoscere un paese, una cultura, una lingua o un dialetto in modo graduale. 

 

Cosa risponderebbe a un editore straniero che le dice che in Italia è più difficile che in altri Paesi ottenere un sostegno finanziario alla traduzione?

Con l’approssimarsi dell’edizione 2024 della Frankfurt Buchmesse, in cui l’Italia sarà ospite d’onore, i finanziamenti per le traduzioni dall’italiano sono aumentati e continueranno a farlo. È dunque un ottimo momento per trovare contributi. Spero vivamente che questi sussidi diventeranno stabili e duraturi nel tempo. Per l’andamento complessivo di una casa editrice è fondamentale pubblicare titoli di letterature straniere. Gli incentivi sono perciò sempre positivi e spero che vengano in futuro incrementati. Per quanto il lavoro dei singoli editori sia importante, le istituzioni pubbliche possono contribuire a fare grandi passi in avanti, coivolgendo editori di diversi Paesi, con risultati spesso immediati.

 

Come vede il futuro dei libri italiani in traduzione nei prossimi anni?

Credo che continuerà a crescere: il lavoro che si sta facendo in questo momento per quanto riguarda i finanziamenti è davvero importante e credo che tutti si stiano rendendo conto della sua utilità. Nell’ambito dei diritti internazionali, i progetti generano progetti, la collaborazione genera collaborazione: più libri vengono tradotti ora, più ne verranno tradotti in futuro. I cicli di crescita positivi sono ciò su cui lavoriamo, bisogna mantenere l’energia in movimento e l’Italia ha una straordinaria energia da condividere.

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