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Un giardino incantato nel deserto, un precipitato di modernità pulsante là dove c’erano rocce e sabbia. Creata pressoché dal nulla da emiri abili e visionari, Dubai ha conosciuto solo il capitalismo e ha dato forma all’utopia consumistica: la felicità fondata sull’abbondanza. Ma senza diritti. Senza libertà politiche e civili. Guardiamola allora «la città più felice del mondo», gli altissimi grattacieli, i quartieri costruiti su isole artificiali, gli smisurati centri commerciali. Dietro la patina dei suoi splendori, troveremo la realtà di uno dei regimi più oppressivi, iniqui ed eco-distruttivi del mondo intero. Qui utopia e distopia si palesano per quello che sono: la stessa cosa. Come accade quando si pretende di lasciare il capitalismo senza i vincoli della politica democratica e dei diritti dell’uomo.


Emanuele Felice è professore ordinario di Politica economica nell’Università Gabriele d’Annunzio di Pescara. Con il Mulino ha pubblicato «Perché il Sud è rimasto indietro» (nuova ed. 2016), «Ascesa e declino. Storia economica d’Italia» (nuova ed. 2018), «Storia economica della felicità» (2017) e «Il Sud, l’Italia, l’Europa. Diario civile» (2019). È editorialista della «Repubblica».

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