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13 Settembre 2023

Intervista a Emanuela Canali, co-titolare dell’Agenzia letteraria Tizian & Canali

Autore:
Paolo Grossi

Attraverso quale itinerario professionale è approdata alla decisione di intraprendere l’attività di agente letterario?

 

Per me si tratta in effetti di un ritorno alle origini. Una delle mie prime esperienze lavorative infatti è stata all’ALI, l’Agenzia Letteraria Internazionale fondata da Erich Linder, allora una delle pochissime agenzie letterarie italiane. Sono poi passata all’Adelphi per poi approdare in Mondadori, dove per lunghi anni mi sono occupata delle cessioni all’estero degli autori Italiani.

 

Rispetto agli anni del suo esordio professionale nel mondo editoriale, come è cambiata la situazione dell’autore? Un tempo pochi scrittori avevano un agente. Perché oggi è pressoché indispensabile?

 

È vero: a differenza dei mercati di lingua inglese, dove era impensabile procedere senza un agente, da noi la figura dell’agente non era così diffusa. La situazione è ora radicalmente cambiata con il progressivo modificarsi della struttura delle case editrici, con minori risorse interne dedicate alla ricerca di nuovi autori e alla cura redazionale. In Mondadori fino a pochi anni fa ricordo un ufficio preposto alla lettura e alla valutazione dei manoscritti; era compito specifico di questo ufficio segnalare i manoscritti degni di nota agli editor di competenza e respingere con due righe di cortesia i non idonei. Quando poi si prendeva in carico un autore, era compito di un redattore seguirlo per l’editing e la preparazione del testo.
Ecco, il dato che mi ha colpito maggiormente in questi primi mesi del mio nuovo incarico è l’aumento vertiginoso del numero di proposte; la riduzione di risorse interne ha creato dunque nuovi margini di manovra per le agenzie, alle quali è demandato il compito di fare accedere l’autore al mondo editoriale che, a sua volta, chiede all’agente di fare una sorta di prima scrematura. Inoltre, si stanno sempre più affermando agenzie che aiutano l’autore nella scrittura e nella stesura del testo.

 

Il successo di uno scrittore in patria non si traduce immediatamente in successo oltre frontiera. Sulla base della sua esperienza quale “tipo” di scrittore vende bene all’estero? Quello più fortemente caratterizzato dalle sue origini nazionali (in altre parole quello più “Italiano”) oppure quello più internazionale?

 

Una certa caratterizzazione “italiana” al limite del folkloristico (il Sud, il buon cibo, amore e mandolino) può avere ancora una certa presa all’estero, soprattutto nel caso di romanzi più commerciali. Ricordo però che i miei maggiori successi nelle cessioni estere sono stati due autori (Paolo Giordano e Alba de Céspedes) ben lontani da questo stereotipo e di cui sono stati riconosciuti in tutto il mondo l’indubitabile talento e la potente autenticità della voce nell’affrontare temi universali (il disagio giovanile, il primo e la condizione femminile la seconda). E sono diventati dei grandi successi nonostante il primo fosse un esordiente e la seconda un’autrice degli Anni Cinquanta, praticamente scomparsa.

 

Quale spazio occupa nella sua agenzia la ricerca di nuovi autori, in altre parole l’attività di scout?

 

La ricerca di nuovi autori è una parte vitale della vita di un’agenzia, soprattutto in questo momento dove la valutazione non sempre si basa solo sulla bontà del testo e si deve tener conto di un mercato in grande trasformazione. Basta dare un’occhiata alle classifiche: la gente vuole sempre più evadere, sognare, sgombrare la mente e questo sembra essere una delle ragioni del successo dei romance e della saggistica leggera. La promozione stampa non si fa più tramite i canali di un tempo, e cioè gli uffici stampa, ma i social hanno un peso sempre più preponderante e dunque autori con profili IG o Tik-Tok hanno maggiori possibilità di vendita di un autore tradizionale. Si aggiunga che il dato a cui si guarda con attenzione sempre crescente nelle case editrici (ah, la potenza degli uffici marketing!) è quello di vendita e che pochissimi sono i libri che riescono a superare il migliaio di copie vendute. È giocoforza dunque operare ancora di più una selezione molto severa e accurata per poter portare alla pubblicazione opere che abbiano una qualche possibilità di essere viste e lette. Niente disfattismi, per carità, ma una certa maggior consapevolezza è senz’altro richiesta.

 

Che cosa pensa delle sovvenzioni pubbliche alla traduzione di libri italiani in lingue straniere? (Mi riferisco, più in particolare, a quelle del Ministero degli Affari Esteri e a  quelle, di più recente creazione del Cepell, Centro per il Libro e la per la Lettura – Ministro della Cultura).

 

Non si può che apprezzare lo sforzo che in questi ultimi anni l’Italia sta facendo per allinearsi a tutti i paesi europei, che – ricordo – in materia di aiuti alle
traduzioni vantano un sistema collaudato e in funzione da più lungo tempo. Mi sembra però che le istituzioni italiane abbiano preso effettivamente coscienza dell’importanza delle sovvenzioni per la diffusione degli autori italiani nel mondo e che si stiano muovendo con maggior determinazione. Ben vengano dunque tutte le iniziative in tal senso e auspico anzi che si operi ancora più uniti e con ancora maggiori sovvenzioni.

Emanuela Canali

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