Intervista ad Aňa Ostrihoňová, direttrice della casa editrice Inaque
Autore: Alessandra Sanniti, director of the Italian Cultural Institute in Bratislava
Aňa Ostrihoňová dirige da diversi anni le edizioni INAQUE di Bratislava, una delle case editrici più attive in Slovacchia nella promozione di autori italiani. Il suo catalogo offre un ventaglio davvero impressionante di autori del romanzo italiano contemporaneo.
Potrebbe presentarci brevemente la casa editrice Inaque?
La Casa Editrice Inaque è stata fondata dieci anni fa, quando sono rientrata in Slovacchia dopo un lungo soggiorno all’estero. Ho studiato letteratura, giornalismo e traduzione, quindi è stato naturale per me concentrarmi sulla letteratura contemporanea europea e nordamericana. Inaque ha quattro collane editoriali, suddivise per generi: romanzi, saggi, racconti, e la collana più forte, Pandora, per cui sono già usciti ottanta titoli, dedicata alle autrici contemporanee che raccontano esperienze al femminile.
Il nostro obiettivo è di pubblicare titoli che durino nel tempo: è per questo che la casa editrice pubblica dai 18 ai 24 titoli all’anno. Come tutte le piccole case editrici, puntiamo molto sull’identità visiva, che a mio parere è particolarmente importante come segno distintivo per attrarre il lettore.
Qual è la vostra linea editoriale in ambito italiano, e in base a quali criteri selezionate i libri da pubblicare?
Il mio obiettivo, sin dall’inizio, sono state le donne scrittrici, anche se nel 2012 non c’erano ancora avvisaglie della nuova ondata femminista che sarebbe arrivata di lì a poco. Tenevo molto a pubblicare I giorni dell’abbandono di Elena Ferrante, ma alla fine ho iniziato con la saga de L’amica geniale. In una prima fase mi sono concentrata sulle scrittrici contemporanee che indagano in ogni forma l’esperienza delle loro protagoniste – i romanzi di Donatella Di Pietrantonio, Nadia Terranova, Simona Vinci, Silvia Avallone, Francesca Diotallevi, le memorie di Gaia de Beaumont; poi sono andata a ritroso nel tempo e ho pubblicato romanzi di Mariateresa Di Lascia, Laura Conti, opere di autrici che non erano mai state tradotte in slovacco.
Parallelamente, ho pubblicato i racconti di Paolo Cognetti, i romanzi di Domenico Starnone e La ferocia di Nicola Lagioia; prossimamente sono in arrivo le traduzioni di Giuseppe Catozzella, Mauro Corona, Veronica Raimo e Veronica Pacini.
Dal momento che Inaque è una casa editrice indipendente, è necessario che sia autosufficiente, quindi pubblico libri che, a prescindere dei miei gusti, abbiano un valore universale, pur ritraendo realtà e contesti italiani. Fra noi editori, questi titoli vengono definiti “viaggiatori”, hanno un valore letterario proprio e non sono confezionati per un pubblico straniero.
Tra gli editori e gli agenti italiani ho trovato persone che condividono i miei gusti, con cui è possibile parlare di letteratura o di temi sociali – amici e amiche che mi piace incontrare quando sono in Italia, con cui ci sentiamo anche se in quel momento non stiamo negoziando nulla in particolare, e di cui mi fido, tanto quanto loro si sono fidati di me all’inizio della nostra collaborazione.
Nella scelta dei titoli i premi letterari italiani, le fiere del libro, i traduttori dall’italiano giocano un ruolo importante?
Non c’è dubbio che i premi letterari aumentino le vendite dei libri, il che non è mai una cosa negativa. Sono ancora più felice quando a vincere è un libro che ho già acquisito e su cui sto lavorando, come è successo con il romanzo di Giulia Caminito L’acqua del lago non è mai dolce o con Niente di vero di Veronica Raimo. Quando scelgo i libri da pubblicare i premi o le recensioni mi influenzano relativamente – nel bene e nel male.
Mi piace leggere i testi su dispositivi portatili dove non vedo nemmeno la copertina, spesso dimentico chi è l’autore, mi immergo nella lettura senza aspettative o idee preconcette: a quel punto decidere se pubblicare il libro o meno diventa molto più facile.
I traduttori sono importanti: io stessa, in veste di traduttrice, capisco perfettamente fino a che punto il testo letterario possa essere trasferibile nel contesto slovacco. La traduzione (a meno che non si tratti di fantascienza) è sempre un po’ sfalsata, non solo nello spazio, ma anche nel tempo; a volte funziona, a volte no. Alcuni temi ritornano ciclicamente, altri sono sempre presenti. I traduttori che hanno la sensibilità di percepire l’atmosfera e le sinergie tra i due Paesi sono preziosi.
Cerco di evitare le fiere del libro perché mi fanno sentire come una bambina in un negozio di caramelle: voglio tutto. Scelgo i miei libri in collaborazione con i traduttori e, come ho detto, con gli amici che ho nel mondo editoriale italiano. Una volta scelto uno scrittore, la mia intenzione è continuare a pubblicare anche le altre opere della sua produzione, ma questa decisione è spesso condizionata da più fattori. Chiaramente dipende da come il titolo viene accolto dai lettori slovacchi, o a volte accade che lo scrittore cambi il suo genere e si sposti verso altri territori, come la letteratura per bambini o i fumetti, che noi non pubblichiamo.
Quali titoli o autori italiani hanno maggiore successo presso il pubblico slovacco, e a suo parere per quale motivo?
Queste sono solo mie personali osservazioni, ma per molto tempo ho avuto l’impressione che gli scrittori più amati dal pubblico slovacco fossero Umberto Eco e Alessandro Baricco, per come riescono a giocare con la lingua e a superare i confini tra i generi letterari. Poi sono entrati in scena Paolo Giordano e Paolo Cognetti. Attualmente sono soprattutto le autrici a riscuotere successo, con storie potenti che riescono a indagare l’esperienza femminile attraverso le generazioni, che parlano dell’adolescenza, dell’educazione come strumento di emancipazione, che propongono una nuova interpretazione di personaggi storici.
Ci sono titoli o autori che le piacerebbe portare in Slovacchia ma che non ha ancora avuto modo di introdurre nel panorama locale?
Sono tanti.
Com’è entrata in contatto per la prima volta con la letteratura italiana?
I miei genitori hanno sempre amato leggere, anche se nessuno di loro ha studiato lettere, avendo maggiore inclinazione per le materie tecniche e scientifiche. A casa avevamo una ricca biblioteca con i classici e una collana dei Premi Nobel, grazie alla quale ho conosciuto ad esempio Luigi Pirandello. Ma il primo contatto con la letteratura italiana in assoluto è stato Pinocchio. In seguito, anche grazie al cinema italiano, ho scoperto Alberto Moravia, Cesare Pavese – i cui diari e riflessioni sulla scrittura considero ancora oggi tra i migliori che abbia mai letto –, senza dimenticare Elsa Morante, Dacia Maraini, Primo Levi, Curzio Malaparte. Anche Elena Ferrante e Andrea Camilleri li ho scoperti attraverso il cinema.