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5 Febbraio 2021

“Cosa fa il traduttore quando non traduce?”

Autore:
Paolo Grossi

Lise Caillat, dopo una laurea in lingua e letteratura italiana all’Università Stendhal-Grenoble III e un master in editoria all’Università di Paris XIII, ha lavorato per dieci anni come redattrice editoriale e come libraia, dedicandosi contemporaneamente alla traduzione di testi letterari. Dal 2017 traduce a tempo pieno e ricerca con passione autori e libri italiani da far scoprire al pubblico francese. Anima regolarmente laboratori di traduzione che si propongono di sensibilizzare i lettori e tutti coloro che amano le parole alle gioie e alle sfide del mestiere.

Lise Caillat, ci vuole esporre innanzi tutto qual è stato il percorso che l’ha condotta a svolgere la sua professione?

Sono cresciuta a Grenoble, in un ambiente e in una famiglia italophiles. Ho perciò sviluppato una precoce interesse per la lingua e la cultura dell’Italia. All’università, dove ho studiato letteratura italiana e francese, proprio praticando l’esercizio e l’arte della traduzione, ho capito che questo mestiere, al tempo stesso meraviglioso e misterioso, poteva permettermi di coniugare le mie due grandi passioni: i libri e l’Italia. È stata per me una vera rivelazione. All’epoca non sapevo però come poter accedere a questa professione, mi chiedevo addirittura se esistesse in quanto tale. Ho potuto realizzare il mio sogno orientandomi verso il mondo dell’editoria. Allorché ero impegnata nella redazione della mia tesi di master sugli scambi editoriali tra Francia e Italia, ho fatto uno stage da Gallimard, dove ho poi cominciato a lavorare come lettrice per la loro collana di letteratura straniera “Du monde entier”. Per mio piacere, traducevo le pagine che mi sembravano importanti delle mie letture. Nel 2006 Gallimard mi ha affidato la mia prima traduzione: il romanzo di una scrittrice esordiente, Giulia Fazzi, Blessures de guerre (Ferita di guerra). Una opportunità e un’esperienza straordinarie, che non dimenticherò mai. E così è cominciata l’avventura.

Entriamo ora nel vivo della questione sollevata dal titolo della nostra intervista: quando Lei non è impegnata a tradurre, quali e quanti impegni deve affrontare per poter poi dedicarsi alla traduzione?

Dapprima e per lungo tempo, per ragioni economiche, ho dovuto associare alla traduzione un’altra attività professionale, principale o secondaria. Redattrice dapprima, libraia poi, traducevo nei ritagli di tempo.

Oggi, quando non traduco, leggo. Freneticamente e instancabilmente. I testi usciti da poco o in corso di pubblicazione che gli agenti, gli editori e talora gli autori mi inviano, ma anche quelli che scopro per conto mio. Se trovo una perla rara, un testo che mi coinvolge e in cui credo, cerco di sottoporlo all’attenzione degli editori francesi che mi sembrano più adatti, nella speranza di poterlo tradurre. Per ogni proposta accolta, molte sono quelle rifiutate, naturalmente. È un investimento considerevole, appassionante, ma raramente e difficilmente riconosciuto. Partecipo anche alla promozione delle mie traduzioni attraverso il mio sito internet e soprattutto attraverso le reti sociali. Alcuni editori poi mi sollecitano a proporre dei titoli, a redigere delle schede di lettura, a scegliere le copertine. Mi capita anche di collaborare agli adattamenti delle mie traduzioni per il teatro o per il fumetto.

A tutto ciò s’aggiungono le correzioni di bozze, la preparazione delle versioni finali per la stampa, i legami e gli scambi preziosi con gli autori, cui tengo molto da sempre e che svolgono un ruolo decisivo nella realizzazione e nel successo dei miei progetti, senza dimenticare poi le trattative per i contratti, la fatturazione e la contabilità, il tempo dedicato a tenermi informata sui diritti e sull’evoluzione dello statuto di traduttore, attraverso contatti con associazioni professionali come l’ATLF (Association des Traducteurs Littéraires de France) o la SGDL (Société des Gens de Lettres).

Inoltre, per migliorare le mie condizioni di lavoro, seguo con attenzione le offerte di sostegno alla traduzione al di qua e al di là delle Alpi (contributi, opportunità di formazione, residenze etc.). Infine, animo incontri e laboratori: on line, in libreria, in biblioteca e presso le scuole. Mi piace condividere, per quanto possibile, la mia esperienza e cerco, come in questa intervista, di far conoscere il mio mestiere, la sua bellezza, i suoi obiettivi, le sue difficoltà.

Qual è il suo giudizio sul sistema francese di sostegno al libro e alla traduzione e quali misure ritiene possano rendere più agevole il suo lavoro e permetterle di dedicarsi alla traduzione con maggior libertà e serenità d’animo?

In Francia, il libro e le professioni del libro beneficiano d’un’attenzione e di un sostegno assai considerevoli. Le stesse misure prese nell’attuale contesto di crisi, dovuto alla pandemia, lo confermano. Esistono numerosi strumenti e dispositivi. Qui mi limiterò a ricordare gli aiuti specifici alla traduzione e ai traduttori perché sono quelli che conosco meglio.

Rispetto ad altri Paesi, in Francia lo statuto di traduttore di testi letterari è, nel complesso, ben riconosciuto e tutelato. Tuttavia, resta ancora segnato dalla precarietà e continua ad essere molto difficile vivere di questo mestiere, che pure riveste un’importanza cruciale nella filiera del libro.

I principali contributi alla traduzione sono assegnati dal CNL (Centre National du Livre), ente pubblico dotato di autonomia amministrativa nell’ambito del Ministero della Cultura. Due dispositivi sono specificamente destinati agli editori: il primo è rivolto ad agevolare la traduzione di opere francesi in lingue straniere, il secondo promuove la traduzione di opere straniere in lingua francese. Altri due si rivolgono invece ai traduttori e consistono, da un lato, in borse ai traduttori di lingue straniere verso il francese, per permettere ai traduttori in Francia o all’estero di dedicarsi a progetti di traduzione “di grandi dimensioni”, dall’altro, in borse di soggiorno ai traduttori verso lingue straniere, per contribuire alla qualità e alla diversità della creazione letteraria.

Senza questi aiuti e senza il lavoro prezioso del CNL, molti progetti di traduzione di grande rilievo non riuscirebbero a trovare realizzazione. Questa opera di sostegno potrebbe, sulla base della mia esperienza, essere resa ancora più efficace, se certi aspetti e criteri del dispositivo venissero ottimizzati in modo da renderlo più accessibile, così da farne uno strumento di accompagnamento dei traduttori nell’esercizio di tutte le loro attività.

Prendiamo come esempio la borsa che mi riguarda, quella destinata ai traduttori di lingue straniere verso il francese impegnati in progetti di “grandi dimensioni”. Se per “grandi dimensioni” si intende la complessità (e dunque il tempo supplementare che richiedono), allora sarebbe opportuno, a mio avviso, poter beneficiare d’un aiuto particolare, nel caso in cui di questa complessità non venga tenuto conto nel contratto stipulato tra il traduttore e l’editore. Non solo, per meglio raggiungere i suoi obiettivi, questa borsa dovrebbe essere svincolata dalle restrizioni attualmente in vigore, che prevedono che, per avervi accesso, debba essere passato un anno dal conseguimento di un altro contributo pubblico superiore a 2000 euro, dedicato prevalentemente alla scrittura o alla traduzione; tre anni dal conseguimento di una borsa di creazione, residenza o traduzione o di una borsa Cioran del CNL; cinque anni dal conseguimento di una borsa CNL di anno sabbatico. In realtà, un traduttore può trovarsi confrontato a parecchi progetti di “grandi dimensioni” nello stesso anno. Inoltre, il sostegno dovrebbe poter essere accordato anche nel caso in cui, l’editore – che non è sottoposto ad alcuna restrizione temporale e può presentare fino a dodici richieste ogni anno – richieda un contributo per lo stesso progetto, essendo diverse le finalità di questi strumenti di sostegno.

Una recente inchiesta dell’ATLAF, realizzata nel luglio 2020 con il concorso di Olivia Guillon, docente di economia all’università Sorbonne Paris Nord, (cf. https://www.atlf.org/wp-content/uploads/2020/10/ENQUETE-SOCIO-ECONOMIQUE.pdf) indica nei seguenti fattori le cause principali della precaria situazione socio-economica dei traduttori, obbligati nell’80% dei casi ad esercitare un’altra attività per sopravvivere: erosione delle tariffe negli ultimi vent’anni, a prescindere dall’aumento del costo della vita; irregolarità dell’attività e dei redditi; minime tutele di previdenza sociale. Alla luce di tali conclusioni, sarebbe, a mio avviso, opportuno istituire un fondo generale di sostegno alla professione o un aiuto per ogni libro e per ogni traduttore, al fine di rendere meno pesanti le difficoltà di questa professione e incoraggiarne invece la pratica.

Infine, in un mercato del libro in piena evoluzione, certi traduttori di testi letterari svolgono un importante ruolo propositivo nei confronti degli editori, grazie ai progetti di traduzione che sottopongono loro regolarmente. Questo importante lavoro di ricerca e di lettura critica, che comporta acquisti, viaggi etc. non riceve alcun compenso particolare oltre all’eventuale contratto per le opere proposte. Un aiuto specifico potrebbe essere creato proprio con lo scopo di incoraggiare e di ricompensare coloro che, come me, contribuiscono alla diffusione e alla diversità della letteratura straniera in Francia o della letteratura francese all’estero. Questo aiuto potrebbe prendere la forma di borse per residenze, che permettano ai traduttori di partecipare, per esempio ai saloni, alle fiere e ai festival letterari, coprendo le spese di viaggio, di alloggio e di accesso alle manifestazioni.

Tra i dispositivi di sostegno alla traduzione e ai traduttori occorre menzionare anche i premi. Preziosissimi, potrebbero acquistare un maggior rilievo se rispecchiassero ancor di più la varietà delle problematiche del mestiere e se le modalità di accesso o di candidatura avessero una maggiore visibilità.

Colgo l’occasione per salutare il nuovo premio letterario franco-italiano Marco Polo Venezia, assegnato a un romanzo italiano tradotto e pubblicato in lingua francese nell’anno in corso. Il premio ricompensa l’autore e il traduttore, siano essi alla loro prima esperienza di pubblicazione e di traduzione, o invece già esperti e conosciuti.

Si dovrebbero certamente creare altri premi e altre borse di traduzione ispirandosi a questo modello franco-italiano A seguito della crisi sanitaria che attraversiamo, il governo italiano ha sbloccato dei fondi straordinari per sostenere il libro italiano all’estero, cui però hanno avuto accesso solo agenti ed editori.

In conclusione, così come gli editori possono presentare diverse domande di sostegno ogni anno, sarebbe auspicabile ampliare e rafforzare le misure di aiuto ai traduttori, il cui appassionato e competente contributo al dinamismo dell’attività editoriale riveste un’importanza crescente.

Per concludere, quali sono i libri che ha da poco terminato di tradurre e a quali sta attualmente lavorando?

All’inizio del 2021 verranno pubblicate quattro mie nuove traduzioni: À l’autre bout de la mer (titolo originale: Carnaio) di Giulio Cavalli per le edizioni dell’Observatoire; L’empire de la poussière (titolo originale: L’impero della polvere) di Francesca Manfredi per le edizioni Robert Laffont; Napoli mon amour di Alessio Forgione per Denoël; Loyauté (titolo originale: Lealtà) di Letizia Pezzali per Fayard. Attualmente, sto traducendo per Denoël l’affascinante Lux d’Eleonora Marangoni, finalista al Premio Strega 2019 e vincitrice del Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza.

 

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