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“L’orso bianco”, “Il leone rampante”, “Il cigno”, “La mitria”, “La sirena”, sono alcune delle innumerevoli taverne che esponevano le loro insegne nella Londra del XVI e XVII secolo. Al loro interno, bevendo sherry, vino di Madera e birra, magari accompagnati da uova o da un piatto di acciughe, non sedevano solo uomini di fatica e donne di malaffare, ma gruppi di letterati, autori di teatro che trasformavano le locande in vere e proprie sedi di “club letterari”: “La mitria” era la base dei classicisti, per esempio, e “La sirena” la tana della più moderna scuola eufuista e, talvolta, le dispute si trasferivano davanti ai rispettivi locali e venivano risolte con il filo della spada, invece che in punta di penna. Tra di loro un giovane autore di provincia, appena trasferitosi a Londra, faceva il suo debutto: era William Shakespeare che, di lì a poco, proprio osservando gli ambienti e i protagonisti, avrebbe creato il più celebre principe delle taverne di tutta la letteratura, John Oldcastle, alias Falstaff. In taverna con Shakespeare di Roberto Carretta è come un banchetto, vero e proprio topos nelle opere del bardo di Stratford, occasione per consumare vendette, ordire trame, affinare strategie dinastiche e amorose, e che solitamente è il momento centrale dell’intreccio, scenario iniziale e conclusivo di molte vicende.


Roberto Carretta, laureato in Filosofia dell’Arte, ha tradotto e curato La condizione umana, l’ultimo ciclo di conferenze tenuto dallo scrittore e saggista Aldous Huxley, e la biografia Nietzsche in Italia di Guy de Pourtalès.

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