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14 Settembre 2022

Intervista al traduttore Evgenij Michajlovič Solonovič

Autore:
Daniela Rizzi, direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Mosca e docente ordinaria di lingua e letteratura russa all’Università Ca’ Foscari di Venezia

Decano dell’italianistica russa e riconosciuto maestro della traduzione poetica, in quasi 65 anni di attività ha tradotto Dante, Petrarca, Michelangelo, Ariosto, Alfieri, Parini, Belli, Giusti, Saba, Ungaretti, Montale, Luzi, Sereni, Caproni, Zanzotto, Spaziani, Giudici e numerosi autori contemporanei. Di lui, del suo impegno letterario e del suo magistero traduttorio parlano le onorificenze e i premi che gli sono stati conferiti, tra cui: Commendatore dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana; Premio Nazionale per la traduzione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali; numerosi premi letterari italiani, tra i quali i Premi Montale, Valeri, Quasimodo, Monselice, Mondello; numerosi premi letterari russi, tra i quali il Premio della rivista Inostrannaja literatura, il premio della rivista Oktjabr’, il premio dell’Unione degli scrittori di Mosca “Venec”, il premio “Master” dell’Unione dei traduttori. Ha ricevuto lauree honoris causa dalle Università di Siena e di Roma La Sapienza.

 

Sei traduttore di poesia e poeta: cosa è venuto prima?

Coloro – siano russi o italiani – che mi conoscono come traduttore di poesia mi chiedono spesso se compongo anch’io versi. Per tutta risposta spesso alzo le spalle e rispondo loro con un evasivo “sì e no”. Poi a volte provo a spiegare che per me la traduzione poetica costituisce una vera e propria forma di espressione artistica: pur scrivendo sotto il nome di qualcun altro, quando traduco esprimo il mio atteggiamento verso particolari aspetti della vita e della storia. E sono dunque i miei sentimenti personali a suggerirmi come esprimere in russo l’amore che ha ispirato a un poeta italiano i versi, dedicati alla donna amata, che io sto traducendo. Le mie sconfitte e i miei successi li proietto sulle sconfitte e i successi dell’autore di versi che sento affini alla mia condizione. In un certo senso è come se io, traduttore, mi appropriassi di questi versi.

Nel frattempo, ho sempre scritto poesie, finché un bel giorno non mi sono deciso a proporne alcuni alla rivista Oktjabr’ [Ottobre]. Perché proprio questa rivista? Perché nel 2009 Oktjabr’ ha pubblicato un’ampia raccolta delle mie traduzioni dei sonetti di Belli, assegnandomi poi il premio annuale della rivista nella sezione Poesia. Ed è dunque sulle pagine di Oktjabr’ che ho pubblicato per la prima volta, nel 2012, le mie poesie originali.

Da allora ho pubblicato ripetutamente i miei versi su Oktjabr’. Spesso scherziamo con il direttore della rivista, Irina Barmetova, dicendo che è la mia madrina. Ma negli anni ho “conquistato” anche altre sedi editoriali, tra cui le storiche riviste letterarie Družba narodov [Amicizia tra i popoli] e Novyj mir [Nuovo mondo]. Tuttavia, le persone che non ne sapevano nulla continuavano a chiedermi a ogni occasione se scrivevo poesie e, se non lo chiedevano, erano comunque convinti che lo facessi. E nel 2018 la casa editrice moscovita “Vremja” ha pubblicato la mia prima raccolta, Meždu nynče i kogda-to [Tra oggi e ieri].

 

È da più di 60 anni che sei impegnato nella traduzione di opere italiane in russo. Cosa è cambiato in questo lungo periodo nel tuo atteggiamento verso la traduzione? 

Penso di poter affermare che, con gli anni, sono diventato più esigente verso me stesso. È cambiato gradualmente il mio atteggiamento verso le singole parole del testo originale, e il rapporto con la ricerca dei traducenti. Per esempio, quando ero più giovane, il mio strumento di lavoro principale era il dizionario bilingue. Poi, con il passare degli anni ho capito che è molto più efficace utilizzare il dizionario dei sinonimi, sia quello italiano che quello russo.

 

Occorre rivedere le traduzioni dopo un certo periodo di tempo? Ti è capitato di rifare tue vecchie traduzioni?

Con il passare del tempo, è inevitabile che si avverta la necessità di rivedere le proprie traduzioni vecchie, spesso apportando modifiche e correzioni. Molto spesso la pubblicazione di una nuova edizione diventa non solo l’occasione per correggere degli errori che sono sfuggiti in passato, ma anche per limare gli aspetti formali e stilistici delle poesie tradotte in precedenza.

 

Hai tradotto i più importanti poeti italiani, sia classici che contemporanei. Chi dei poeti classici ti ispira ancora oggi e chi di quelli giovani ti attrae di più?

Se penso agli autori classici, posso dire che non ho mai smesso di appassionarmi ai versi di Giuseppe Gioacchino Belli. L’anno scorso è uscita la terza edizione delle mie traduzioni dei suoi sonetti romani. Tra i classici del Novecento, mi piacerebbe tornare a tradurre Montale, magari dedicandomi a poesie tuttora sconosciute e inedite in Russia. Vorrei proporre a qualche casa editrice moscovita di pubblicare una raccolta di poesie di Montale con il testo originale a fronte. 

Quando mi capita di partecipare a serate letterarie oppure a programmi televisivi, dedicati al tema della traduzione poetica, spesso recito i versi dei poeti della generazione di Montale e di quella successiva. Se penso alla poesia italiana più recente, mi vengono in mente autori di grande talento come Giuseppe Conte, Vivian Lamarque, Valerio Magrelli, Antonella Anedda, ma anche poeti svizzeri italofoni come Alberto Nessi e Fabio Pusterla.

 

Chi tra i poeti che hai tradotto hai anche conosciuto personalmente?

Dei poeti che ho tradotto, ho conosciuto il siciliano Ignazio Buttitta, con il quale posso dire di avere avuto rapporti di amicizia, ma ho incontrato anche Ungaretti, Montale, Quasimodo, Luzi, Caproni, Sereni, Zanzotto, Spaziani, Giudici, Ripellino, Raboni, Porta, Zeichen. Conosco personalmente anche Cucchi, Conte, Magrelli, Nessi e Pusterla. Il più difficile da tradurre resta Montale: alla percezione della sua opera poetica ho dedicato la mia poesia “Traducendo Montale”: 

 

Ben sapendo di non sapere sciogliere
tutte le tue sciarade,
torno ogni volta indietro
lasciandomi alle spalle i segnalibri.

Su un’onda segreta catturo
i tuoi messaggi cifrati,
indirizzati anche a me,
sì, è così, lo dico senza vanto.

Mentre un altro si morderebbe le labbra,
io borbotto un ta-ta-ta, ta-ta-ta,
seguo spesso una falsa pista
oppure remo contro corrente,
goffo scassinatore di metafore,
trasgressore di magici tabù.

In vece tua mi scaglio contro il male,
in vece tua dichiaro io l’amore,
da terzo incomodo dondolo in gondola
vis-à-vis con la tua Beatrice.

A tentoni facendomi strada,
io, tuo traduttore giurato,
colgo il tuo sguardo clemente
tra brume di ermetici versi.

(trad. di Caterina Graziadei. Da: E. Solonovič, In mani fidate. Poesie 1981-2020, Passigli, Firenze 2021)

 

L’editoria russa è aperta alle novità italiane? Quali sono le case editrici più interessate ai nostri libri?

Tra gli editori più interessati a pubblicare gli autori italiani vanno senz’altro ricordati Corpus, AST, Ripol Klassik, Tekst e Novoe Izdatel’stvo. Inoltre, la storica rivista Inostrannaja Literatura ospita tra le sue pagine traduzioni di testi italiani con notevole regolarità. 

 

Come professore universitario hai avuto tantissimi studenti. Qual è il bilancio della tua attività di docente?

Per molti anni ho insegnato all’Istituto di Letteratura Mondiale “M. Gor’kij”, dove ho tenuto un corso di traduzione letteraria dall’italiano al russo. Oggi ricordo non senza una punta d’orgoglio l’eccellente lavoro dei miei studenti: alcuni di loro sono diventati traduttori che hanno contribuito ad avvicinare il lettore russo alle opere di autori importanti come Sciascia, Eco, Rodari e molti altri. Quando è giunto il momento di lasciare l’Istituto, ho affidato il mio corso di traduzione letteraria alla mia allieva Anna Jampol’skaja, eccellente traduttrice di prosa italiana.

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