Antologia bilingue della poesia italiana in Francia.
Intervista a Ilena Antici e Monica Battisti
Autore: Paolo Grossi
È da poco uscito presso le edizioni Ensemble di Roma il volume Altrove. Antologia bilingue della letteratura italiana in Francia, a cura di Ilena Antici e Monica Battisti. Come è nato questo progetto editoriale e in quale contesto si colloca?
Ilena Antici. È bene precisare che il contesto è preesistente al progetto, e che il primo sta al secondo come un terreno esteso sta ad una singola fioritura. Ci riferiamo, come italiane residenti in Francia da molti anni, a una lunga frequentazione con il milieu intellettuale parigino italiano, vivacissimo e variegato, nel quale lavorano addetti culturali, studenti e ricercatori universitari, librerie, riviste on-line e cartacee, in un susseguirsi di eventi, performance, incontri, letture e dibattiti. Già questo contesto ogni giorno, da anni, rende udibile la scrittura di chi, italiano di nascita o d’adozione, vive o ha vissuto sul suolo francese. Si pensi soltanto alla libreria Tour de Babel nel Marais, punto nevralgico di diffusione dei libri italiani a Parigi insieme a La Libreria, o all’Istituto Italiano di Cultura, senza dimenticare appunto i blog e le università.
Il progetto editoriale nella sua realtà precisa e concreta, invece, può essere considerato come un bouquet di esemplari raccolto in questo vasto humus poetico. Un raccolto che è stato ideato e fortemente voluto dal poeta albanese Gëzim Hajdari, a completamento di altre due antologie pubblicate di recente dalla stessa casa editrice Ensemble – che raccolgono testi di poeti legati in qualche modo rispettivamente all’Inghilterra e alla Spagna. Per quanto questa creatività poetica sia nota agli attori culturali italiani in Francia, fatica forse ad essere altrettanto presa in considerazione nel Bel Paese, per cause che attribuiremmo più alle leggi del mercato editoriale che alla qualità dei testi o all’interesse dei lettori. Il frutto di queste ricerche durate quasi due anni sono le trecento pagine dell’antologia Altrove, in cui tutti i testi sono pubblicati sia in italiano sia in francese proprio per essere resi fruibili anche a chi ha piena padronanza di una sola delle due lingue.
Fondamentale per garantire un impianto teorico al progetto, è stato il sostegno del professore Ugo Fracassa dell’università di Roma Tre, che insegna letterature comparate e da molti anni si occupa di letteratura migrante. Le sue conoscenze della storia della letteratura italofona in Italia e all’estero e la sua collaborazione generosa hanno permesso a quest’antologia di diventare, oltre che traccia storica, anche l’inizio di una traiettoria di ricerca che speriamo possa ispirare altri studiosi. Crediamo infatti che la scrittura di chi vive nell’entre-deux sia un’occasione di studi significativa da più punti di vista. Certamente queste poesie possono essere lette come racconto del mondo; si parla molto in questi anni di letteratura di testimonianza, con accezioni più o meno larghe, e anche la poesia lirica testimonia un vissuto, senza però che questo impulso autobiografico intacchi la ricerca espressiva personale. Ma ovviamente la poesia parla sempre della condizione universale umana di spaesamento, nostalgia, desiderio, ricerca identitaria e lotta interiore, ed è questo dire che ci piacerebbe continuare ad indagare. Inoltre, i diversi flussi linguistici e letterari che alimentano il terreno misto di tali fioriture poetiche, obbligano la critica a riflettere sulle influenze, le radici e i legami degli autori con i loro predecessori, sia italiani che francesi.
Un’antologia è, per definizione, frutto di una selezione: quali criteri vi hanno guidato nella scelta degli autori e dei testi?
Monica Battisti. Prima di poter selezionare, bisogna reperire. Il nostro volume si è anzitutto proposto questo: offrire una prima panoramica dei poeti e delle poete di espressione italiana o francese che, per ragioni biografiche, condividono un’identità a cavallo tra Italia e Francia, avendo scelto di trasferirsi o restare nel secondo Paese. Non essendo stati pubblicati in precedenza lavori analoghi, di ampio respiro, da poter usare come punto di partenza, siamo dovute andare a “caccia” delle voci poetiche contemporanee, financo quelle più ex-centriche, seguendo anche le segnalazioni di chi era già ben ancorato nel milieu poetico e letterario italo-francese e perciò più visibile, a dimostrazione della solidità e solidarietà della rete culturale tra i due Paesi. In questa rassegna si ritroveranno dunque rappresentanti tanto delle ondate migratorie storiche verso la Francia, sulla spinta di ragioni economico-professionali della famiglia di origine, quanto della più recente “generazione Erasmus”, di chi poi è rimasto fatalmente sedotto dallo charme della capitale. Le poete e i poeti accolti in totale sono 25, da Jean-Charles Vegliante (classe 1947) a Maddalena Bergamin (nata nel 1986), da Pascal Gabellone (del 1943) a Alfonso Maria Petrosino (classe 1981), passando per la generazione mediana di Mia Lecomte, Andrea Inglese e Flaviano Pisanelli (rispettivamente del ’66, ’67 e ’73) – fino alle soglie (anagrafiche) del 2000. Globalmente possiamo affermare che le università, per questi neo-clerici vagantes spogliati però di abiti religiosi, continuano a giocare un ruolo non indifferente.
Si troveranno dunque raccolte pubblicate essenzialmente dagli anni ’90 in poi, dopo un’iniziale e simbolica apertura rappresentata da due grandi scrittrici italiane che nella seconda metà del Novecento hanno vissuto in Francia, Nella Nobili e Alba de Céspedes; si sono quindi messi da parte i grandi francesi “d’adozione” novecenteschi come Ungaretti, sotto la cui egida inscriviamo comunque quest’iniziativa. La pubblicazione in volume, poi, è stata per noi un criterio imprescindibile, anche se qualche rara eccezione è stata accolta su proposta di Gëzim Hajdari, curatore della collana della casa editrice che promuove i giovani e le giovani esordienti.
Guardando alle singole raccolte, abbiamo cercato di valorizzare quei componimenti che evocassero la condizione di entre-deux (dal punto di vista tematico o linguistico) o che esibissero precisi realia legati al luogo o cultura di appartenenza; per volontà di Gëzim, che ha stabilito il numero definitivo di componimenti per ciascuna voce, è stato accordato maggiore spazio alle generazioni anagraficamente più mature. Del resto, è bene chiarire subito che non tutti i componimenti rivestono la stessa importanza dal punto di vista critico: per esempio, gli schizzi sul Maggio ’68 abbozzati da de Céspedes da quel punto di osservazione privilegiato che era casa sua, in pieno Saint-Germain-des-Prés, vanno inquadrati più che altro nell’ottica della testimonianza storica.
Per quanto appassionante, la ricostruzione di questo tracciato, nella geografia poetica italo-francese così mobile, non è certo esente da lacune. Ci riferiamo ai nomi che nostro malgrado potranno essere rimasti fuori, della cui assenza restiamo le sole responsabili; al mancato equilibrio di genere, che forse sottolinea ancora una volta “l’invisibilità” sociale a cui vengono costrette le scrittrici e la conseguente difficoltà nel registrarle; agli inevitabili vincoli e politiche editoriali, infine, che obbligano a una serie di sacrifici e riallineamenti indipendenti dalla nostra volontà. Pensiamo in particolare a Anna Milani, poeta italiana di espressione francese e italiana, residente a Montpellier dal 2004, di cui siamo venute a conoscenza troppo tardi, a bozze consegnate, e per puro caso, passeggiando tra gli stand del Marché de la Poésie di Parigi.
Le “voci” poetiche riunite nel volume sono molto diverse fra loro: la loro provenienza da un’area linguistica e culturale ben precisa, quella francese, conferisce loro dei tratti comuni? O sono piuttosto riconoscibili dei legami (di stile, di poetica…) con le maggiori esperienze poetiche italiane degli ultimi decenni?
Ilena Antici e Monica Battisti. Senza dubbio è difficile riconoscere dei tratti comuni tra i venticinque poeti antologizzati, e individuare una linea che sia “tipicamente” italo-francese, influenzata da precise aree di appartenenza. Globalmente ci sembra che i tributi alla tradizione poetica italiana siano maggiormente presenti e visibili, e che i nostri poeti strizzino l’occhio tanto al filone sperimentale secondonovecentesco (come Inglese) che agli autori più classici del Novecento, in particolare Montale e Ungaretti (ben presente in Gabellone, Pizzi) – oltre ad alcune voci isolate perfettamente riconoscibili (come Campana in Mileschi, Cavalli in Bergamin). Non mancano poeti che riprendono strutture tradizionali come ballate e sonetti, innovandole in modo sorprendente e originale (pensiamo ai testi in rima di Petrosino, Bruschi e Lanfranchi). Alcuni poeti-traduttori, poi, sono forse stati influenzati dagli stessi poeti che andavano traducendo: così sospettiamo per esempio per gli echi danteschi in Vegliante. Gli esponenti delle generazioni più giovani, che spesso hanno vissuto anche in altri Paesi, ci sembrano invece maggiormente aperti a influenze straniere, in certi casi di natura extraletteraria: Cava e Stera, in particolare, sperimentano una commistione di arti dal respiro europeo e internazionale.
Ad ogni modo il discorso delle provenienze letterarie è lungo e complesso, e andrà approfondito in altre sedi anche alla luce degli spunti che Ugo Fracassa ha sviluppato nella sua postfazione al volume.
Segnaliamo comunque che in moltissimi poeti agisce e vive il “mito di Parigi” così come è stato tramandato dalla linea poetica francese che va da Baudelaire e Apollinaire a Céline e Prévert, a sua volta filtrata e trasmessa da alcuni poeti italiani del Novecento, come Caproni che dichiara, ci sembra per tutti, «Non c’ero mai stato. / M’accorgo che c’ero nato» (Constatazione).