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7 Marzo 2024

Intervista a Richard Village, fondatore e direttore della casa editrice indipendente Foundry Editions (Londra)

Autore: Ailsa Wood

Intervista a Richard Village, fondatore e direttore della casa editrice indipendente Foundry Editions (Londra)

Foundry Editions è una nuova casa editrice indipendente basata a Londra. Pubblica in particolare opere di letteratura dell’area del Mediterraneo. Nelle sue scelte editoriali si riflettono gli interessi del suo fondatore, Richard Village: il Mediterraneo, le letterature straniere e i libri in generale.

Il suo background professionale è quello di direttore strategico di una società di consulenza di branding e design di sua proprietà, ma le lingue sono state il suo primo amore: “Sono intrinsecamente un linguista, con una laurea in lingue moderne a Oxford. Parlo quattro lingue e ne leggo un altro paio. Quello che voglio fare attraverso Foundry è trasmettere l’amore per le lingue e la lettura, e l’emozione di scoprire libri di altre aree del mondo”.

Il primo libro di autore italiano pubblicato da Foundry è Your Little Matter (Piccola madre) di Maria Grazia Calandrone, in lizza per il Premio Strega 2023, nella traduzione di Antonella Lettieri.

 

 

Perché ha fondato Foundry Editions e quali sono i suoi obiettivi?

 

Senza alcuna esperienza se non quella di lettore, all’età di 52 anni ho deciso di tornare alle lingue e di esplorare la possibilità della traduzione. Mi sono iscritto al master in traduzione letteraria presso l’UEA, ma presto ho capito che probabilmente ero più adatto a promuovere la letteratura tradotta che a tradurla in solitudine. Sono una persona piuttosto socievole! Così, dopo molte riflessioni e un buon esame di coscienza, sono giunto alla conclusione che l’editoria era il contesto in cui meglio avrei potuto dare il mio contributo al crescente interesse nel Regno Unito per la letteratura tradotta.

In quanto piccola casa editrice indipendente, sono partito dall’idea che Foundry dovesse presentarsi sul mercato britannico con un focus ben preciso, nel nostro caso il Mediterraneo. In primo luogo, è l’area geografica in cui mi sento più naturalmente a casa perché parlo italiano, spagnolo e francese. In secondo luogo, sarà anche un cliché, ma c’è un rapporto intimo, quasi ossessivo, tra noi nordeuropei e il “caldo Sud” di Shelley: siamo tutti attratti da quel luogo mistico di sole e limoni, descritto da Goethe, Forster, Gerald Brennan e molti altri.

In terzo luogo, il Mediterraneo è un vero crogiolo di culture, un luogo di incroci e di scambi, grazie ai commerci e ai movimenti migratori, un’area in cui culture antiche e contemporanee coesistono e da cui scaturiscono storie incredibili e bellissime scritture. Foundry vuole portare tutto questo ai lettori di lingua inglese.

 

 

Secondo lei, come vengono accolti i libri italiani tradotti nel Regno Unito?

 

Secondo una ricerca condotta da Booker nel 2022, le vendite di libri tradotti dall’italiano sono attualmente al quinto posto nel Regno Unito, al di sotto del giapponese, del francese e del tedesco ma, cosa interessante, al di sopra dello spagnolo.

Credo che il macrofenomeno “Elena Ferrante” abbia contribuito ad accrescere l’attenzione verso i libri italiani e abbia profondamente influenzato la percezione della letteratura italiana negli ultimi anni. Come e perché la Ferrante abbia funzionato così bene, e se ciò possa ripetersi, sono questioni aperte. Di certo, ha fatto sì che i lettori anglofoni siano più propensi ad avvicinarsi ai libri italiani.

 

 

Il successo di uno scrittore in una lingua non sempre si traduce in un’altra cultura. Come si fa a scegliere cosa “funzionerà” in inglese?

 

Non si può mai sapere, non c’è una formula magica. Essendo una piccola casa editrice, le nostre decisioni editoriali si basano molto sulle mie esperienze personali e sui miei gusti. È importante che il lettore anglofono sia messo in condizione di avere una visione di ciò che significhi oggi vivere in determinati luoghi e di percepirne vividamente i tratti peculiari.

Lo stile, la forma e il linguaggio sono importanti per me come lettore e come redattore. Voglio leggere una scrittura bella o interessante, ma anche una visione originale delle cose, una storia presentata in modo insolito, possibilmente con tratti satirici e/spiritosi, insomma qualcosa che sia piacevole da leggere, per quanto difficili siano i temi affrontati.

Ma queste caratteristiche da sole non bastano se non riesco a suscitare l’interesse della gente per il libro: ho bisogno di “agganciare” il pubblico per riuscire a vendergli il libro. Cerco quindi un equilibrio tra ciò che mi piace personalmente e ciò che può interessare gli altri lettori.

Le persone si appassionano a una storia: i libri si vendono grazie al passaparola, alla creazione di una comunità intorno a una storia e al suo mondo, ai personaggi che la abitano. La storia di Calandrone è molto personale, e conoscere la storia personale dell’autore aiuta a capire e ad apprezzare meglio il libro. C’è un forte contrasto tra questo e, per esempio, il totale anonimato di “Elena Ferrante“. Ogni libro è diverso. Il mio compito è fare in modo che Foundry possa utilizzare entrambi i tipi di situazione per coinvolgere i lettori.

 

 

I tratti satirici e spiritosi sono caratteristiche molto comuni nella scrittura italiana contemporanea?

 

Direi di no. La letteratura italiana tende a essere piuttosto seria, con una marcata differenza tra ciò che è considerato “letteratura” e ciò che non lo è. Altre culture possono avere una maggiore varietà di registri. Le mie scelte italiane si orientano verso le opere di taglio più letterario perché sono quelle oggi più valide e disponibili.

 

 

Il suo interesse si rivolge in particolare a dei generi specifici della letteratura italiana?

 

Non in particolare. Mi interesso alla narrativa, ma più in generale a tutto ciò che cattura il lettore. La Calandrone ne è un esempio, con la straordinaria versatilità della sua scrittura: il libro, che è una combinazione di biografia-memoir-ricostruzione di una vicenda giudiziaria, propone un ritratto della società italiana degli anni Sessanta, in una forma che combina prosa e poesia.

In questo momento c’è il boom dei gialli italiani, e io li adoro. Mi coinvolgono soprattutto quando è forte l’identità dei luoghi in cui si svolgono le vicende. Foundry è molto giovane, però, quindi avremmo bisogno di dimensioni più ampie per affrontarli. Terremo d’occhio questo settore tra un anno o poco più.

 

 

Cosa pensa delle sovvenzioni e dei finanziamenti per le traduzioni?

 

Con le sovvenzioni del Cepell, molto è nelle mani degli editori italiani, il che significa meno lavoro amministrativo per Foundry e meno rapporti di lavoro a livello personale. Ma questo è il sistema italiano. La richiesta di sovvenzioni è una disciplina utile per un editore, perché ti costringe a pensare al motivo per cui qualcuno dovrebbe finanziare un libro: è un esercizio interessante come prima fase del processo di vendita. Posso convincerli a finanziarlo? È utile per fare un’analisi più approfondita.

 

 

Ci parli della sua visione del ruolo del traduttore e del suo rapporto con l’editore.

 

Penso che sia un rapporto cruciale. Il mio obiettivo è costruire una famiglia di traduttori con cui creare un rapporto continuo e proficuo basato sul dialogo e sulla condivisione di idee.

Per i traduttori, rivolgersi a case editrici più grandi, talora inaccessibili, può essere frustrante. La pratica ampiamente accettata di passare settimane a preparare un pitch per un editore non mi sembra una buona idea in questa fase. Il dialogo è molto meglio e sento che, come piccola casa editrice, è quasi un dovere agire a livello personale. Tuttavia, il fatto che io parli molte delle lingue che mi interessa pubblicare mi permette di non avere bisogno di campioni in inglese, almeno per le lingue del Mediterraneo occidentale, e di risparmiare così molto tempo e fatica.

Penso che sia essenziale che i traduttori abbiano una buona conoscenza di come funziona l’industria editoriale, per avere una possibilità di promuovere i libri che vogliono tradurre.

Intervista a Richard Village, fondatore e direttore della casa editrice indipendente Foundry Editions (Londra)
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