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L’arte della visione (The Art of seeing)

«Ho bisogno di una realtà completamente ricostruita. Questa è la chiave del mio lavoro, se devo individuare un’estetica, o più che altro una bussola, un criterio, un itinerario psicologico. Non so sfuggire alla necessità di creare un mondo come se dovesse vivere per conto suo. Una creazione completa, condotta con una minuzia, con un’attenzione quasi maniacali, con un rigore scientifico, non solo espressivo. Pesi, volumi, colori. Poi sarei tentato di abbandonarlo. Invece, visto che l’ho creato, ho la curiosità di raccontarlo con la macchina da presa».

Frutto di una serie di conversazioni condotte nel 1993 da Gianni volpi e Goffredo Fofi,  L’arte della visione costituisce una sorta di confessione di Fellini sulla vita e sul cinema, che a oltre vent’anni dalla scomparsa del regista acquista ancora più valore.  Nel suo studio di corso d’italia, Federico Fellini ricevette a più riprese i due critici per quest’ampia intervista, destinata a rimanere memorabile. Il tema delle conversazioni non è tanto il cinema di Fellini, quanto il cinema in generale, che, come sosteneva Fellini, si era preso tutta la sua vita. Alla presenza dei suoi insoliti intervistatori, il grande regista si lascia andare a una sequenza di ricordi, divagazioni, riflessioni su sé stesso e la sua arte. Come scrive Volpi nelle sue considerazioni introduttive, «passava con sovrana nonchalance da Kafka a Jung, da Rossellini a Calvino. In certe affascinanti, lunghe risposte legava sapientemente progetti, visioni, letture le più diverse». Un fascino con cui Fellini sapeva sedurre tutti i suoi interlocutori, e dietro il quale, come sottolinea Fofi, era impossibile non scorgere la straordinaria capacità di indagare l’animo umano: «non sono molti gli artisti che si sono spinti così a fondo nel raccontarci chi siamo, noi italiani, come siamo e come ragioniamo. Il “carattere degli italiani”, su cui tanti in passato hanno discusso, chi più e meglio di Fellini ha saputo mostrarcelo, soprattutto negli ultimi film, quelli più malinconici, conquistando man mano tonalità e profondità che oso definire leopardiane?».

Il volume è impreziosito da alcuni brevi commenti di Fellini ai suoi film, che su indicazione del regista stesso avrebbero dovuto corredare il testo, nonché dai brani di alcune interviste a registi americani, o europei ma attivi in America, e da uno splendido inserto di fotografie realizzato insieme all’istituto Luce.

 


Federico Fellini, nato a rimini il 20 gennaio 1920 e morto a roma il 31 ottobre del 1993, è uno dei più grandi registi della storia del cinema. Tra i numerosissimi riconoscimenti internazionali ricevuti ricordiamo i premi oscar per La strada (1957), Le notti di Cabiria (1958), 8 1/2 (1964),Amarcord (1975), e infine, nel 1993, l’oscar alla carriera

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