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21 Luglio 2020

Giuseppe Dessí in altre lingue

Autore:
Martina Romanelli, Università degli Studi di Firenze

Un primo bilancio della fortuna internazionale dell’opera di Giuseppe Dessí (Cagliari, 1909 – Roma, 1977) si deve a un volume del 2013. Giuseppe Dessí tra traduzioni e edizioni, pubblicato per le cure di Anna Dolfi dalla FUP (con saggi di Nicola Turi, Beatrice Sica, Marco Dorigatti, María de las Nieves Muñíz Muñíz, Susanne Kleinert, Inge Lanslots, Hanna Serkowska, Żaklina Wąs, Judit Józsa, Oleksandra Rekut-Liberatore, Elina Suomela-Härmä) è infatti uno dei principali punti d’arrivo di una lunga tradizione di studi, alimentata da generazioni di studiosi, giovani ricercatori, editori (cfr. le pubblicazioni Sef o Ilisso) e traduttori.

Di per sé, la geografia delle traduzioni dessiane non è tra le più povere della nostra letteratura. Ha coinvolto 23 lingue, tra Europa e Americhe (Stati Uniti, Argentina) e aree linguistiche orientali (dalla Turchia, ai paesi di lingua araba, alla Cina). Una menzione particolare merita l’editoria francese per la sua tempestiva e fedele attenzione all’opera di Dessí. Sempre in ambito europeo, va segnalato l’interesse manifestatosi in anni più recenti, grazie alla collaborazione molto attiva e partecipe dell’équipe fiorentina di Anna Dolfi, nei paesi baltici e slavi.
La mappa della situazione traduttoria dessiana presenta nondimeno ancora non poche aree scoperte (si pensi al caso dell’Olanda). La diffusione all’estero delle opere di Dessí rimane, del resto, legata, dalla metà del secolo scorso, a un gruppo abbastanza circoscritto e soprattutto invariato di testi: un dramma per la scena, quattro romanzi e un totale di tredici racconti, sparsi in antologie o riviste – l’unica eccezione è rappresentata dalla raccolta Lei era l’acqua (1966), che arriva ai lettori rumeni in traduzione integrale sotto il titolo di Ea era apa grazie ad Anca Giurăsku e Constantin Streia (per Pentru Literatură Universală) nel 1969.

La prima fase della fortuna dessiana all’estero coincide con gli anni Quaranta-Settanta, quelli cioè dell’attività dello scrittore: le traduzioni seguono grosso modo i ritmi delle pubblicazioni in Italia, talora con qualche ritardo o lacuna.
Del teatro o, meglio, di esperimenti narrativi che a poco a poco diventano testo teatrale, viene tradotta soltanto La giustizia, apparsa per la prima volta nel 1957 su Botteghe Oscure: la si legge nel tedesco di Ursula Schuh (Kurt, 1960) e nella versione ceca di Zdeněk Digrin (Dilia, 1976). Merita certamente ricordare che del racconto, l’inglese David Paul realizzò un radiodramma, trasmesso dalla BBC il 18 e il 20 maggio 1958 con un grande successo di pubblico.
I racconti, soprattutto se ospitati sulle Botteghe Oscure di Bassani o segnalati dagli interventi di Niccolò Gallo su L’Âge nouveau nei primi anni Cinquanta, sono invece dispersi in varie sedi: antologie (la An Anthology of New Italian Writers della Caetani, del 1950, per esempio) o, più frequentemente, riviste, talora anche in aree geografiche e linguistiche non scontate. Si pensi all’Albania del 1943 per l’Innocenza di Barbara, e alle versioni di Fuga, La mia trisavola Letizia e Isola dell’Angelo che si susseguono a varie altezze fra il Cinquanta e il Sessanta in francese, inglese, polacco, ungherese, tedesco, svedese e danese.

Ma è sul Dessí romanziere che si concentra l’attenzione, negli anni, dell’editoria internazionale. San Silvano, che risale al 1939, è tradotto in inglese da Isabel Quigly (Harvill Press) solo nel 1966; I passeri (1955) in ungherese da Zoltán Számboki per Európa nel 1968 e in ceco da Cyril Kříž, per Odeon nel 1972; la prosa del Disertore, essenziale e densa di pietà umana di fronte alle sofferenze del primo conflitto mondiale (1961), arriva invece in Inghilterra, Stati Uniti e Svizzera nel 1962, in Francia nel 1963, in Ungheria e Argentina nel 1964, in Olanda nel 1965 e nel 1969 in Germania e Romania; mentre l’opera forse più conosciuta di Dessí, Paese d’ombre (1972, vincitrice del Premio Strega), ottiene ben undici traduzioni: in slovacco, polacco, inglese, ceco, rumeno, spagnolo, finlandese, ungherese, francese e turco.
Negli anni Ottanta e Novanta, vengono pubblicati con evidente ritardo rispetto alla data di prima pubblicazione: il San Silvano francese, tradotto da Gilberto Rossa e Bernard Simeone nel 1988 (edizioni Verdier, con introduzione di A. Dolfi); le tre edizioni di Paese d’ombre, in Ungheria nel 1988 (tradotto da Mária Merle per Európa Könyvkiadó), in Francia nel 1991 (tradotto da Suzanne Charre e Christine Grillon per Actes Sud) e in Turchia nel 1996 (su traduzione di Gülbende Kuray, per İmge Kitabevi).

Infine, gli anni Duemila hanno segnato una ripresa significativa. Proprio di San Silvano sono uscite, a stretto giro, la traduzione in svedese di Johanna Hedenberg, nel 2011, con introduzione di A. Dolfi (nella collana Cartaditalias bokserie, diretta da Paolo Grossi per l’Istituto Italiano di Cultura “Carlo Maurilio Lerici” di Stoccolma) e, sulla rivista Vsesvit del marzo-aprile 2012, quella in ucraino di Oleksandra Rekut-Liberatore (ricercatrice della scuola fiorentina).
Del Disertore, invece, ha dato una versione in lituano nel 2013 Birutė Žindžiūtė-Michelini, sempre con prefazione di A.Dolfi (Vilnius, Charibdè, 2013). Mentre nel 2014 Laura Dolfi ha incluso nel volume Tradurre il Novecento (saggi e antologia di inediti), uscito a Parma per la MUP, versioni dei racconti Il cacciatore distratto e Un canto in lingua francese, spagnola, portoghese, inglese, tedesca, lituana, russa, araba e cinese.

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