In altre lingue
8 Marzo 2023

Pier Paolo Pasolini in altre lingue – Seconda parte

Autore: Martine Van Geertruijden, 'La Sapienza' University, Rome

Pier Paolo Pasolini in altre lingue – <i>Seconda parte</i>

Il viaggio di Martine Van Geertruijden nel vasto universo delle traduzioni di Pier Paolo Pasolini prosegue e si inoltra nel mondo lusofono (Portogallo, Brasile), nell’ Europa dell’Est e in Russia, per poi soffermarsi sull’area anglosassone, fra Gran Bretagna e, soprattutto, Stati Uniti, dove sono state particolarmente numerose le edizioni delle opere in versi.

 

La Spagna non è certo l’unico paese in cui la censura politica colpisce l’opera pasoliniana. Se il Portogallo salazarista accoglie a braccia aperte, alla metà degli anni Sessanta, il regista di Evangelho segundo São Mateus e da allora in poi i suoi testi maggiori verranno tradotti più o meno regolarmente, in Brasile, dove conquista il grande pubblico con Teorema (1969, Fernando Travassos), la forza scandalosa del film lo rende un autore maledetto nel contesto cattolico e conservatore della dittatura militare, e le sue opere verranno censurate fino alla metà degli anni Ottanta. Come in Spagna, la presenza di Pasolini in area lusofona rimane però significativa su riviste e periodici. Dal 1984 in poi, vengono pubblicate numerose traduzioni, a partire da Amado miu, Meninos da vida e un’antologia di Escritos Póstumos. Quanto all’opera poetica, sono soprattutto le edizioni portoghesi a circolare, in particolare Poemas, l’antologia di Maria Jorge Vilar de Figueiredo, pubblicata per la prima volta nel 1970. 

Nei Paesi dell’Est, l’opera di Pasolini conosce un destino simile, anche se declinato in modo diverso. L’Ungheria costituisce un caso estremo, in quanto l’autore, apprezzato da una cerchia molto ristretta, rimane semi-clandestino fino alla caduta del Muro. Ma dopo il 1989, è vittima di un’altra forma di censura, questa volta non ufficiale e basata sul rifiuto del passato, che lo ha classificato come komcsi (“bastardo comunista”). Solo negli anni 2000 ha trovato una voce ungherese, grazie a una raccolta interamente dedicatagli dall’editore Kalligram, che ha fatto conoscere al pubblico i romanzi Ragazzi di vita, Una vita violenta, Amado mio e Petrolio, ma anche La religione del mio tempo e Empirismo eretico. Questa operazione editoriale testimonia del crescente interesse per lo scrittore italiano negli ultimi anni in molti Paesi. In Romania, per citare un altro esempio, dopo Teorema e Scritti corsari tradotti nel 2006 e Ragazzi di vita nel 2019, due antologie gli rendono omaggio nell’anno del centenario, una dedicata ai suoi saggi, Scrieri Despre Literatură Și Artă, l’altra alla sua opera poetica, Poezii.

Il destino ceco di Pasolini segue una cronologia diversa. Fino alla Primavera di Praga, pur restando un autore elitario, la sua critica alla cultura borghese suscita un certo interesse, che si rivolge peraltro soprattutto alla produzione cinematografica (nel 1962, Accattone vince il Festival Internazionale del Cinema di Karlovy Vary), ma anche a quella poetica: Gramsciho popel (Vladimír Mikeš, 1963) è la primissima traduzione de Le Ceneri di Gramsci. Ma dopo la pubblicazione di Una vita violenta nel 1965, viene messo al bando dal regime per la sua omosessualità. Solo il realismo sociale di Ragazzi di vita gli permette di essere nuovamente tradotto nel 1975. Dopo il 1989, invece, le scelte sembrano essere dettate più dalle ricadute commerciali del successo scandaloso dei film, e lo scrittore viene tradotto raramente, ad eccezione di Amado mio (1999) e di una raccolta di saggi (Zuřivý vzdor, 2011).

Quanto all’URSS, Pasolini vi entra decisamente da poeta dopo un suo viaggio nel 1957 che lo aveva messo in contatto con l’intellighenzia russa (e dal quale nascerà La religione del mio tempo). Per tutti gli anni Sessanta, diverse sue poesie, a cominciare dalla Ballata intellettuale per Titov nel 1962, escono in riviste o in antologie russe di poesia italiana. Dopo una lunga parentesi dovuta alla sua presa di posizione contro i lager sovietici, escono nel 1984 Izbrannoe (‘Opere scelte’, tratte dalle principali raccolte poetiche) e nel 2000 uno spesso volume intitolato Teorema che contiene ancora poesie, ma anche scritti teorici di critica letteraria e di politica, alcune sceneggiature e qualche brano di Ragazzi di vita e di Petrolio. Solo nel 2006 verrà finalmente data alla stampa la prima traduzione integrale di un testo narrativo, Likhiye rebyata (Ragazzi di vita), mentre vari poeti russi continuano a proporre numerose traduzioni di poesie (Kirill Medvedev, Alekej Tkacenko-Gastev). In un ritratto a lui dedicato, Eduard Limonov spiega bene questa predilezione russa per la figura del poeta, accanto a quella del cineasta: “La sua apparente contraddittorietà lo lega in modo quasi naturale a una cultura e una letteratura che si fondano sul paradosso, ideologico ed esistenziale […]. Ma a rendere Pasolini un autore ‘russo’ sono anche l’impegno civile inteso come prima missione del poeta, l’amore per il Passato, lo studio e la ricerca sulla lingua e i linguaggi (…). Si potrebbe quindi dire che la Russia e Pasolini siano specchio reciproco…” (trad. di F. Tuscano).

È interessante notare infine che, nella maggior parte dei paesi in cui l’opera pasoliniana è stata vittima di una forma di censura politica, con il ritorno della democrazia ricomincia a circolare ma viene piegata a nuove logiche mercantiliste, diventa insomma un ‘prodotto’ da vendere, di cui viene esaltato per renderlo più ‘accattivante’, soprattutto nel caso dei film, l’aspetto ‘scandaloso’.

Agli antipodi della predilezione russa per la figura del poeta troviamo i paesi anglosassoni. Nel 2015 esce negli Stati Uniti una grossa antologia la cui quarta di copertina recita: “La maggior parte delle persone al di fuori dell’Italia conosce Pier Paolo Pasolini per i suoi film […] Quello che molti non sanno è che era soprattutto un poeta […] Per la prima volta, gli anglofoni potranno ora scoprire le molte sfaccettature di questo singolare poeta […]». In The selected Poetry of Pier Paolo Pasolini, il curatore e traduttore Stephen Sartarelli ha di fatto inserito poesie di ogni periodo dell’opera poetica di Pasolini mostrando “quanto la poesia fosse centrale per Pasolini, indipendentemente da qualsiasi altra cosa facesse nella sua vita creativa, e come la poesia informasse tutto il suo lavoro, dalle arti visive, ai saggi politici, ai film…”. Prima di questa iniziativa, come negli altri paesi, era il cineasta ad occupare la scena, ma anche il romanziere, seppur con un certo ritardo. Nel 1968 escono contemporaneamente The ragazzi (Emile Capouya) negli Stati Uniti (uscirà poi nel ’86 anche in Inghilterra) e la traduzione inglese di William Weaver, A Violent life. In Inghilterra, David Price traduce poi The Scent of India (1984), Stuart Hood A dreaming of something (1988) e Theorem (1992). In US, nel frattempo, Thomas Erling Peterson pubblica nel 1980 la sua traduzione di The Divine Mimesis; nel 1986 escono cinque racconti tratti da Alì dagli occhi azzurri, Roman Nights and Other Stories (tradotti da John Shepley), Petrolio tradotta da Ann Goldstein nel 1997 e Stories from the City of God. Sketches and Chronicles of Rome 1950-1966 nel 2003, nella traduzione di Marina Harss. Il lettore anglofono ha quindi a disposizione buona parte della produzione in prosa pasoliniana. Nel 1988, sempre in US, Heretical Empiricism di Ben Lawton e Louise Barnet segnano un primo passo nella diffusione dei saggi, mentrela pubblicazione in Gran Bretagna da parte di Stuart Hood di The Letters nel 1992 fa scoprire la corrispondenza. 

Per la poesia, bisogna invece aspettare gli anni Ottanta per assistere alle prime mosse editoriali (che saranno tutte americane), l’antologia di Norman MacAfee (1982) Pier Paolo Pasolini Poems che include una scelta di poesie tratte dalle principali raccolte, e Roman poems (1986), una selezione di testi poetici ad opera di Lawrence Ferlinghetti pubblicata dalla sua casa editrice, City Lights, nota per il suo catalogo di letteratura “impegnata”. Sempre da City Lights, nel 2010, esce In Danger. A Pasolini Anthology, a cura di Jack Hirschman, poeta e intellettuale noto anch’esso per il suo impegno politico, che mette finalmente il Pasolini critico e polemista sullo stesso piano del cineasta, del poeta e del narratore. Nel 1996 era uscita anche A Desperate Vitality, traduzione del poeta Pasquale Verdicchio di Poésies 1953-64, un’antologia curata nel 1972 dal traduttore francese José Guidi, in accordo con l’autore, per “ripercorrere nel modo più completo possibile un itinerario ideologico e poetico tormentato” (la stessa verrà poi ripubblicata nel 2020 in un’edizione bilingue intitolata Une vitalité désespérée. Anthologie personnelle 1953-1964). 

Come si vede, anche grazie all’aiuto della biografia di Barth David Schwartz, Pasolini Requiem (Pantheon,  2017), tra Stati Uniti e Inghilterra, l’inglese è sicuramente, insieme al francese, la lingua nella quale è più facile leggere l’opera pasoliniana. 

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