Gabriele d’Annunzio in altre lingue – Prima parte
Autore: Mario Cimini, 'G. d'Annunzio' University of Chieti-Pescara and Elisa Segnini, University of Glasgow
La fortuna internazionale di Gabriele d’Annunzio (1863-1937) passa in primo luogo attraverso la traduzione in francese delle sue opere, operazione che lo proietta sulla scena europea come scrittore d’avanguardia, in linea con le tendenze decadenti e simboliste. Del resto, egli da un lato si nutre abbondantemente di cultura francese e, dall’altro, considera il paese d’oltralpe come il terreno ideale per la divulgazione e l’affermazione della sua moderna visione dell’arte. È Georges Hérelle (1848-1935), sul finire del 1891, a proporre allo scrittore la realizzazione di una prima traduzione, quella del romanzo L’innocente. Con il titolo L’intrus, l’opera esce a puntate prima sul giornale parigino “Le Temps” (fine 1892) e poi in volume nel 1893 presso Calmann-Lévy. Seguono le traduzioni degli altri romanzi, pubblicate prima su prestigiose riviste come “Revue de Paris” e “Revue des deux mondes” e poi da Calmann-Lévy in volume: Giovanni Episcopo (Episcopo et Cie, 1895); Il piacere (L’Enfant de volupté, 1895), Trionfo della Morte (Triomphe de la mort, 1896), Le vergini delle rocce (Les Vierges aux rochers, 1897); Il fuoco (Le Feu, 1901). Numerose sono le riedizioni di questi volumi fino alla seconda guerra mondiale.
Ma d’Annunzio punta anche sul teatro. Fa realizzare ad Hérelle, quasi in tempo reale (nel 1897), la traduzione della Città morta e tenta di farla passare come originalmente scritta in francese (cosa che poi effettivamente farà con Le Martyre de Saint Sébastien). Nonostante il tiepido apprezzamento del pubblico francese, seguiranno poi le traduzioni (non sempre la messa in scena) della Gioconda e della Gloria (raccolte, insieme alla Ville morte nel volume Les Victoires mutilées, Calmann-Lévy, 1903), de La figlia di Iorio (La fille de Iorio, Calmann-Lévy, 1905, e di Francesca da Rimini, (Calmann-Lévy, 1913).
Meno incisiva è l’attività di traduzione della poesia dannunziana (a motivo sempre della perenne insoddisfazione dell’autore); nel 1912 esce un’antologia di testi dalle prime raccolte poetiche, Poésies (1878 – 1893), Calmann-Lévy, 1912, mentre la traduzione di Laus vitae, a cui Hérelle lavora per molti anni, rimane inedita (è stata pubblicata da Calmann-Lévy solo nel 1947, a cura di Guy Tosi).
Terminato il sodalizio con Hérelle (per divergenze proprio sulle modalità della traduzione), la traduzione del romanzo Forse che sì forse che no, 1910, viene affidata all’amante di turno, Nathalie de Goloubeff, e quella delle tragedie La nave e Fedra a Ricciotto Canudo. Dopo la Prima guerra mondiale, d’Annunzio trova in André Doderet (1879-1949) un traduttore più ligio alle sue istanze, disposto come lui vuole a “dannunzianeggiare”, cioè a dar prova di estrema fedeltà al suo stile. A Doderet si devono le traduzioni di Ritratto di Luisa Bàccara (Portrait de Loÿse Baccaris, Éditions du “Sagittaire”, 1925), Contemplazione della morte (Aspects de l’inconnu. Contemplation de la mort, Calmann-Lévy, 1928), La Leda senza cigno (La Léda sans cygne, Calmann-Lévy, 1922), Notturno (Nocturne, Calmann-Lévy, 1923), La fiaccola sotto il moggio (La Torche sous le boisseau, Calmann-Lévy, 1928, Fedra (Phaedre, in “Revue de Paris”, agosto-ottobre 1924), La nave, (trasmissione radiofonica, 1942) e Solus ad solam (Solus ad solam, journal d’un amour, Éditions Balzac, 1944, Calmann-Lévy, 1947).
Le prime traduzioni in inglese seguono l’onda del successo delle traduzioni francesi e ne sono fortemente influenzate. Trionfo della Morte è tradotto negli Stati Uniti da Arthur Hornblow (The Triumph of Death, G. H. Richmond & co, 1896) e in Inghilterra da Georgina Harding (Heinemann, 1896). In entrambi i casi, il testo è soggetto a numerosi tagli. Sempre Harding, con la collaborazione di Arthur Symons (che si occupa dei sonetti), traduce Il piacere (The Child of Pleasure, Heinemann, 1898), riproponendo l’ordine dei capitoli della versione di Hérelle. Il fuoco (The Flame of Life), tradotto da Magda Sindaci sotto lo pseudonimo di Vivaria Kassadra, esce nello stesso anno della pubblicazione italiana da vari editori a Londra (Heinemann), Boston (H. Fertig) e New York (L.C. Page & Company). È soprattutto Arthur Symons, critico letterario associato al movimento simbolista, e importante mediatore per l’opera di d’Annunzio nei paesi di lingua inglese, ad occuparsi del teatro e a tradurre La città morta (The Death City, Heinemann, 1900); La Gioconda (R. H. Russell, 1900); Francesca da Rimini (Heinemann, 1902). Symons traduce anche La figlia di Iorio e La fiaccola sotto il moggio, che però restano allo stato di bozze.
Come ha dimostrato Cesare De Michelis (1989), d’Annunzio viene introdotto al pubblico russo fin dal 1890. Nel 1893, contemporaneamente all’edizione francese in volume, L’innocente esce su “Severnye cvety”, rivista associata alle emergenti poetiche simboliste, nella traduzione di Michail Ivanov. Numerose traduzioni di d’Annunzio si trovano anche sulla rivista più importante del simbolismo russo, “Skorpion”. Tra i traduttori e i critici dannunziani ci sono alcuni dei maggiori autori dell’epoca: Jurgis Baltrušaitis, Valery Bryusov, Alexandr Ivanov, Alexandr Blok, Mikhail Kuzmin. Tra il 1910 e il 1912 escono, a pochi anni di distanza, due edizioni delle opere dannunziane in dodici volumi, ma nessuna di queste include la poesia. Durante gli anni del cosiddetto “esilio francese” di d’Annunzio (1910-15) la Francia assume per la Russia un importante ruolo di mediazione. Da questo momento, ad avere successo è soprattutto il teatro (tradotto da Jurgis Baltrušaitis), con preferenza per le opere composte in francese. La fama di d’Annunzio tra gli intellettuali russi culmina con la regia di Vsevolod Mejerchol’d della Pisanelle a Parigi (1913), mentre, dopo la rivoluzione del 1917, essa sopravvive soprattutto tra gli esuli russi. Nell’Unione Sovietica rimangono in circolazione soltanto i testi più vicini al verismo, come le Novelle della Pescara.
Nei paesi di lingua tedesca è fondamentale la mediazione di Stefan George, che nel 1899 pubblica tre poesie di d’Annunzio sulla prestigiosa rivista “Blätter für die Kunst”. Nello stesso anno esce su “Frankfurter Zeitung” l’articolo di Hugo von Hofmannsthal, Gabriele d’Annunzio, che contribuisce alla fama dello scrittore tra i critici. Tra il dicembre 1894 e il gennaio 1895, Hermann Bahr pubblica Giovanni Episcopo su “Die Zeit”. Anche nei paesi di lingua tedesca, l’interesse per d’Annunzio aumenta notevolmente dopo il successo dalle traduzioni di Hérelle, e nel 1896 Samuel Fischer ne diventa l’editore ufficiale, con la clausola (mai rispettata) dell’esclusiva sulle traduzioni di nuove opere. La prosa è affidata a Maria Gagliardi, che traduce L’innocente (Der Unschuldige, 1896), Giovanni Episcopo (Episcopo und Co. Novellen, 1901), Il piacere (Lust, 1902 ), Trionfo della Morte (Der Triumph des Todes 1902), Le vergini delle rocce (Die Jungfrauen vom Felsen, 1902), Novelle della Pescara (Die Novellen der Pescara, 1903). Gagliardi traduce anche Il fuoco, l’unico tra i romanzi a non essere pubblicato da Fischer (A. Langen, 1900). Del teatro si occupa inizialmente Linda von Lützow, che traduce La Gioconda (Die Gioconda, 1900), La città morta (Die tote Stadt, 1901), Sogno di un mattino di primavera (Traum eines Frühlingsmorgens, 1900), Sogno di una sera d’autunno (Traum eines Herbstabends, 1903). Più tardi subentra Gustav Vollmoeller, grande amico di d’Annunzio, che traduce e adatta per la scena Francesca da Rimini (1903) e media la collaborazione con Insel Verlag che, insieme a Rudolf von Binding, traduce La nave (Das Schiff, 1910) e Fedra (1910). Nel 1910 appare presso la stessa casa editrice anche la traduzione di Forse che sì, forse che no (Vielleicht-vielleicht auch nicht, 1910). Come nota Adriana Vignazia (1995), la traduzione di Le Martyre de Saint Sébastien (Das Martyrium des Heiligen Sebastian, 1913), nonostante la collaborazione di Vollmoeller, è firmata solo da Gustav Schneeli.
Il successo delle traduzioni di Hérelle colpisce anche Rubén Darío, intellettuale cosmopolita di origine nicaraguese, che nel 1894 pubblica su “Rivista de América” (edita a Buenos Aires) il primo articolo su d’Annunzio in lingua spagnola. Seguono le prime traduzioni, pubblicate a Buenos Aires, nel volume Traducciones (1897) di Leopold Díaz. Dopo l’accoglienza in Argentina, la fama di d’Annunzio arriva anche in Spagna, dove i romanzi principali vengono pubblicati presso l’editore Maucci (Barcellona) in edizione economica. Nel 1900, escono El Inocente e El Fuego, tradotti da Tomas Orts-Ramos, seguiti da El Placer, tradotto da Emilio Reverter Delmos, e El Triunfo de la Muerte, di Orts Ramos. A Madrid, Ricardo Baeza, intellettuale di origine cubana, si occupa del teatro. Nel 1909, per la casa editrice Mundo Latino, Baeza traduce La città morta (La ciudad muerta) e Sogno di un mattino di primavera (Sueño de una mañana de primavera). Seguono altre opere, tra cui un’edizione di La figlia di Iorio (La Hija de Iorio) con un saggio sul teatro dannunziano. Nel 1929 Baeza progetta di pubblicare per Mundo latino l’intera opera teatrale di d’Annunzio, progetto che però viene interrotto dalla guerra civile spagnola. Continuerà la sua opera a Buenos Aires, dove, grazie alla numerosa comunità italiana, le opere di d’Annunzio continuano ad uscire in nuove edizioni e hanno un certo successo anche dopo la Seconda guerra mondiale.
In Giappone, il primo a tradurre d’Annunzio è Bin Ueda, che, non conoscendo l’italiano, traduce direttamente dal francese. Ueda include cinque poesie di d’Annunzio, da lui tradotte, nella sua antologia di poesie occidentali moderne, Kaicho-on (1905). Nel 1901, pubblica la raccolta Miwotsukushi, che include traduzioni da Terra vergine e Trionfo della Morte. L’edizione integrale di Trionfo della Morte è pubblicata nel 1913 da Choko Ikuta, noto traduttore e critico, ed è destinata a diventare un vero e proprio best seller. Il piacere (Tōkyō, Hakubunkan 1914) esce in l’anno dopo, nella traduzione di Sohei Morita, romanziere e traduttore da varie lingue europee. Un’altra traduzione importante è quella di Sogno d’un tramonto d’autunno di Mori Ogai, tra i fondatori della letteratura giapponese moderna. È proprio il calibro dei traduttori a garantire la fama di d’Annunzio anche per la generazione che segue. La situazione cambia però dopo la seconda guerra mondiale, quando d’Annunzio, in Giappone come in Europa, diventa un autore scomodo e “imbarazzante”.