Pietro Bembo in altre lingue
Autore: Ilaria Burattini, Università di Bologna
Volendo immaginare una mappa ideale su cui seguire il diffondersi delle traduzioni delle opere di Pietro Bembo, l’inizio del percorso si troverebbe nella Parigi del XVI secolo: è qui infatti che nel 1545 i torchi di Michel de Vascosan e di Gilles Corrozet danno in stampa Les Azolains de Monseigneur Bembo, de la nature d’Amour. La versione del testo in francese è affidata a Jean Martin, tra i più celebri traduttori di opere italiane, dall’Orlando Furioso dell’Ariosto all’Arcadia di Sannazzaro. Questa impresa tipografica, cui succedono ben tre successive ristampe, può essere considerata la prima traccia della ricezione europea di uno dei maggiori protagonisti della letteratura italiana, destinata poi ad accrescere il suo raggio di divulgazione. Simbolo del Rinascimento e principale fautore della lingua in volgare, Bembo ha imposto un modello linguistico e stilistico che, seppure spesso ingombrante, è stato in grado di influenzare anche la produzione oltralpe. È necessario tuttavia riflettere sui vettori culturali attraverso i quali l’opera di Bembo si è diffusa e sul suo impiego in territorio europeo. Se infatti il pellegrinaggio di intellettuali italiani all’estero ha favorito un’esportazione di opere, nella maggior parte dei casi, non in traduzione, la stampa deve aver collaborato alla fortuna su larga scala di un particolare aspetto degli scritti del cardinale, in linea con il mercato editoriale e il gusto del pubblico cui si rivolgeva. Non sorprenderà allora il successo del profilo del Bembo umanista e poeta lirico- amoroso su quello teorico della lingua, capace di tenere il passo di un Ariosto o di un Petrarca, autori acclamati da una comune platea europea. In particolare, le opere del cardinale, come ormai è risaputo, furono il principale mediatore della produzione petrarchesca in Europa, reinterpretata attraverso il crinale della filosofia neo-platonica e ficiniana. D’altra parte però, l’esperimento grammaticale delle Prose, pur così radicato nelle controversie linguistiche e culturali tutte italiane, rimaneva un valido esempio per tutti quegli intellettuali interessati a fornire alla propria lingua d’origine una norma grammaticale. Ma quale Bembo e, soprattutto, come si legge oggi Bembo in Europa? Anche in questo caso, si tratta di ritornare ad una carta geografica aggiornata al nostro secolo e di seguire le fila delle diverse traduzioni apparse sino a oggi. Se ne contano diverse, per un interesse naturalistico oltre che letterario, del De Aetna, dialogo frutto del tirocinio messinese di un giovane Bembo. Nel 2015, per le cure del tedesco Gerd von der Gönna, è pubblicato il Der Ätna, a seguito di una prima traduzione di Kosmas Ziegler nel 1970 per la casa editrice Officina Bodoni. Appena un anno prima, nel 1969, appare con lo stesso marchio editoriale l’edizione inglese bilingue di Betty Radice, poi ristampata assieme ad un gruppo di liriche nella collana The I Tatti Renaissance Library della Harvard University Press, per cui nel 2004 sono stati pubblicati anche i 12 volumi della Historia Veneta. Tra gli anni ’90 e i 2000, sono apparse anche una traduzione in francese di Marie Viallon e una in polacco di Ireneusz Mikołajczyk. Un successo indiscusso sembra spettare però ai tre libri degli Asolani. Ad inaugurare la serie di traduzioni è Rudolf B. Gottfried con la sua edizione inglese del 1954, alla quale si affianca il lavoro di Carol Kidwell del 2006. In territorio spagnolo Josè Maria Reyes Cano pubblica nel 1990 Los asolanos, mentre due anni più tardi compaiono gli Asolaner Gespräche, Dialoge über die Liebe, traduzione tedesca di Michael Rumpf. Per la Francia, si trova l’edizione del 2006 di Marie-Françoise Piéjus, parte della collezione bilingue della Biblioteque Italienne, diretta da Yves Hersant e Nuccio Ordine. Tra le più recenti invece, si ricordano la traduzione in polacco con testo a fronte di Anamaria Gebăilă (2016) e quella giapponese a cura di Masumi Doi (2016). Sulla scia del tema amoroso e del fascino che la presunta liaison tra Bembo poeta e Lucrezia Borgia può suscitare nel lettore, si ascrivono le traduzioni di parte del carteggio tra i due amanti; in particolare, si ricorda la piccola raccolta epistolare tradotta nel 1987 da Hugh Shankland, The Prettiest Love Letters in the World: The Letters Between Lucrezia Borgia and Pietro Bembo 1503-1519, accompagnata da raffinate illustrazioni di Richard Shirley Smith. Ha riscosso interesse tuttavia anche la corrispondenza teorica del Bembo, dove la missiva può assumere l’autonomia di un trattato. Così accade per il De imitatione, il celebre scambio per lettera con Pico della Mirandola sull’imitazione, apparso anche in traduzione spagnola, Sobre la imitación di Oriol Mirç Martì (2017) e inglese di Izora Scott (1991); o per il carteggio con Erasmo, in parte tradotto nel 2017 in neerlandese da J. C. Bedaux. Della più celebre opera di Bembo invece, Le prose della volgar lingua, sono disponibili solamente una traduzione del 2011 in spagnolo, Prosas de la lengua vulgar, di Oriol Mirç Martì e una in francese, di prossima pubblicazione, curata da Florence Bistagne.
Si tratta, come s’è visto, di iniziative editoriali destinate non solo ad un pubblico di esperti in materia. Il paratesto, e quindi l’impaginazione, gli apparati di note o di commento, così come la cura nella presentazione del libro sono volti a rendere l’opera del Bembo facilmente fruibile a un pubblico di lingua straniera. Ed è così che un testo canonico del Rinascimento potrà comparire al fianco delle pietre miliari della letteratura italiana, dalle meno recenti, con Dante, Petrarca, Boccaccio, alle più attuali, con Calvino, Buzzati – solo per citarne alcuni – in un quadro europeo e mondiale.