Ossimoro e quantum:
il libro italiano in Canada
prima parte
Autore: Fulvio Caccia
Fulvio Caccia è un protagonista e un osservatore della scena letteraria e dei suoi cambiamenti. Vincitore del Governor of Canada’s Literary Award per la poesia in lingua francese, esplora le trasformazioni della soggettività umana sia nei suoi saggi sia nella sua narrativa: Sous le signe du Phénix, 1985), La République mêtis (Balzac éditions, 1996) e, più recentemente, La diversité culturelle : vers l’État-culture (Laborintus, 2017). I romanzi La ligne gothique, La coïncidence e Le secret esplorano l’identità dei migranti nelle loro tragedie più intime. E se questa fosse in realtà una delle manifestazioni dell’amore? Ti voglio bene è il titolo di una lunga poesia scritta in francese (La feuille de thé, 2023). Anima il sito www.fulvio-caccia.com.
Il libro italiano in Canada non è solo un ossimoro, ma anche un oggetto evanescente, un oggetto “quantico”: il punto di vista da cui lo si osserva ne cambia l’aspetto.
Il primo contatto con questo spazio nordamericano avvenne quando il Canada era ancora una colonia. Le persone che gli aprirono le loro biblioteche furono i religiosi del Seicento. I Sulpiziani, i Récollets e i Gesuiti non solo lo lessero, ma ne presero anche spunto per scrivere le loro “Relazioni”, veri e propri strumenti di propaganda per la colonizzazione. Così facendo, gettarono le basi di quella che sarebbe poi diventata la letteratura canadese. Come si può immaginare, la traduzione di letteratura straniera era allora una realtà per pochi.
Oggi la traduzione letteraria di opere straniere rimane una prerogativa delle vecchie metropoli: Londra, Parigi o New York. E per un motivo evidente: con i suoi 40 milioni di abitanti, il Canada non ha un peso sufficiente nel mondo editoriale anglofono o francofono. E per di più con una letteratura e delle istituzioni ancora molto giovani e pur sempre sotto l’influenza dei modelli europei. La creazione di una letteratura è stato un lungo processo. Per i discendenti dei coloni francesi, era addirittura fondamentale per evitare l’assimilazione a cui il Parlamento inglese destinava “quel popolo senza storia né letteratura”.
Le origini. I libri italiani trovarono rapidamente posto negli scaffali delle biblioteche coloniali. Nella biblioteca di Saint-Sulpice, ad esempio, c’erano in totale 187 libri italiani, 132 in italiano e 55 in traduzione. Oltre ai libri religiosi, c’erano opere di medicina, scienze naturali, storia e filosofia, dizionari ed enciclopedie, libri di arte, architettura e tecnologia e musica. Vita e costumi dell’antica Bologna nelle stampe di Giuseppe Maria Mitelli (1634-1718) è considerato dai coloni un tesoro dell’editoria europea. Le sue magnifiche incisioni pare abbiano fatto una forte impressione sugli indigeni.
La conquista inglese nel 1759 rafforzò ancora di più il legame con il Vaticano. L’alto clero che vi si formò durante l’Ottocento imparò spesso l’italiano, portando in patria opere di Dante, Petrarca, Ariosto, Tasso, Foscolo e Leopardi. I grandi autori latini come Cicerone, Virgilio, Cesare e Marco Aurelio fornirono i riferimenti essenziali al percorso di studi classici con cui si formava la nuova élite dell’ex-colonia.
L’emigrazione italiana all’inizio del secolo scorso modifica profondamente il modo di ricezione dei libri italiani. Per molti contadini italiani poveri e poco istruiti il Canada era “l’ultima frontiera” dell’America. Le informazioni arrivavano attraverso la stampa, di proprietà dei “capi”, degli agenti dell’immigrazione che negoziavano direttamente con il governo. L’Italo-Canadese (1893), il Corriere del Canada (1895), La Patria Italiana (1903), La Tribuna (1908), l’Araldo del Canada (1905) e L’Italia nel Canada (1911) divennero poi i canali della propaganda fascista. I politici canadesi chiusero un occhio, ben contenti di avere in patria un contrappeso al comunismo. Si distinse solo il settimanale Il Citttadino canadese, fondato nel 1941 da Antonino Spada, noto antifascista. Nei decenni successivi, Il Corriere Italiano (1952-2023) e La Tribuna Italiana (1963-1980) serviranno sia come matrice per i libri scritti in lingua italiana in Canada sia come canale promozionale per i libri importati dall’Italia.
Il primo libro italiano autoctono fu scritto dal giornalista e autore teatrale Mario Duliani. La Città senza donne (1944) è il racconto in prima persona del suo internamento nei campi di lavoro durante la guerra, insieme a 600 suoi connazionali. Questo libro fu scritto in francese, prima che l’autore lo traducesse in italiano l’anno successivo. L’editore italiano Cosmo Iannone lo ha ripubblicato nel 2018.
Questa versatilità linguistica è caratteristica di molti scrittori italiani, come Giose Rimanelli. Il manoscritto del suo primo romanzo, Il tiro al piccione, raro esempio di “letteratura dei vinti”, sedusse Cesare Pavese poco prima del suo suicidio. Il romanzo fu poi pubblicato da Elio Vittorini con Mondadori. Rimanelli pubblicò gli altri suoi romanzi in Italia, ma visse negli Stati Uniti e in Canada fino alla sua morte. Insegnò nelle principali università di entrambi i Paesi e si interessò particolarmente alla letteratura canadese, che stava appena iniziando a emergere. Il suo saggio Modern Canadian Stories (McGraw Hill-Ryerson Press, 1966) divenne un riferimento per la letteratura canadese in un momento in cui si stava concludendo l’ultima grande ondata di immigrazione italiana del dopoguerra.
Meglio istruiti dei loro compatrioti dell’inizio del secolo, gli immigrati, che ormai erano più di mezzo milione sul suolo canadese, rimasero impermeabili ai libri e alla letteratura del loro Paese d’origine. Rimanelli esemplifica il paradosso sempre attuale dello scrittore italiano all’estero. Scegliendo l’inglese per scrivere Benedetta in Guysterland (1993) per il quale ha vinto « l’American Book Award » e Accademia (1997), si rese invisibile nell’una e nell’altra letteratura nazionale, pur contribuendo a farle conoscere ! Le case editrici che pubblicano solo in italiano in Canada sono un’eccezione, e spesso ciò accade su iniziativa degli stessi autori quando non pubblicano direttamente nella loro madre patria.
L’esplosione della letteratura italiana in Canada. Negli anni ’60, è stato il cinema a imporre i libri italiani in Canada. Il terreno era fertile. Questo giovane Paese, vasto e curioso, aveva numerosi festival. Visconti rese popolare Il Gattopardo di Lampedusa. Bertolucci venne in Canada diverse volte, anche dopo Il conformista, che fece conoscere a un vasto pubblico l’opera tradotta di Alberto Moravia. Luigi Comencini ebbe lo stesso ruolo con La Storia di Elsa Morante. Anche Pier Paolo Pasolini venne a promuovere i suoi film: Teorema fu un vero e proprio shock e il suo Decameron spinse gli spettatori canadesi a una rilettura di Boccaccio. I suoi romanzi, come Ragazzi di vita, e le sue poesie, come la raccolta Le ceneri di Gramsci, furono letti come dei manifesti e trovarono ampia accoglienza presso una gioventù italo-canadese avida e inquieta.
Proprio intorno alla sua opera un gruppo di intellettuali di lingua italiana, tra cui il sottoscritto, ha fondato nel 1983 la rivista transculturale ViceVersa. Pubblicato in tre lingue, questo periodico bimestrale è considerato oggi come il progetto editoriale canadese più innovativo della fine del secolo. I suoi contenuti, talora in originale talora in traduzione, comprendono numerose interviste ad autori come Alberto Moravia, Gianni Vattimo, Francesco Biamonti, Mario Lunetta, Mario Perniola e… Italo Calvino. La rivista è ora pubblicata online su www.viceversaonline.ca.
Gli scrittori del Québec non sono stati da meno. Ansiosi di trovare un’alternativa al modello francese, sono attenti alle novità espresse dalla poesia e dalla letteratura della penisola. Il Canzoniere di Saba, Ungaretti, Montale, Luzi, Il Galateo in bosco di Zanzotto nutrono il loro eclettismo. Permettetemi di fare una parentesi personale. Devo la mia scoperta della letteratura italiana contemporanea al grande poeta Gaston Miron, che ho conosciuto personalmente. Il suo autorevole avallo ha consentito a molti intellettuali di seconda generazione di superare quella diffidenza che spesso nutrono nei confronti delle loro origini. È stata, quella, una stagione intensa ed eccitante. Perché il Canada è “un Paese barocco”, come ha giustamente osservato il canadese Pierre Trottier, un paese che, come Stato, ha la stessa età dell’Italia, nata anch’essa a cavallo degli anni Sessanta del XIX secolo.