La parola al traduttore
26 Maggio 2022

Intervista a Nathalie Bauer. Tradurre in francese Benevolenza cosmica di Fabio Bacà

Autore: Federica Malinverno for ActuaLitté

Intervista a Nathalie Bauer. Tradurre in francese Benevolenza cosmica di Fabio Bacà

 Che cosa ci può dire di questa esperienza di traduzione? Si è divertita a tradurre Fabio Bacà?

La scrittura di Fabio Bacà è molto complessa, soprattutto per le sue frasi lunghe, dal ritmo melodico. Ed è una bella dimostrazione delle maggiori difficoltà della traduzione dall’italiano al francese: l’italiano è una lingua elastica, mentre il francese è rigido. L’italiano consente ripetizioni, sovrabbondanza di aggettivi e avverbi, cosa che il francese non fa. Tuttavia, tutti gli elementi della lingua di partenza devono essere resi nella lingua di arrivo nel modo più fluente possibile. Una buona traduzione deve dare al lettore l’impressione che il libro sia stato scritto nella sua lingua. La lingua di partenza non deve mai trasparire. Più complessa è la lingua, più difficile è il compito.

L’originalità del romanzo non consiste solo nello stile, ma anche nel punto di vista, nella dinamica e nei meccanismi narrativi. Il modo in cui viene descritto il mondo ha un taglio piuttosto anglosassone, probabilmente dovuto alle letture dell’autore. In questo senso, il romanzo di Bacà non è molto “italiano”, e si discosta anche dalle tendenze degli ultimi anni. Perché c’è molta omogeneità in quello che si pubblica attualmente in Italia, e questo libro si distingue dal resto.

Il modo in cui viene raccontata la storia, la rappresentazione dei personaggi, il tono, l’argomento… tutto questo è davvero originale, ed è per questo che il lavoro di traduzione è stato piacevole. In effetti, fa sempre piacere tradurre un testo ben scritto, intelligente e divertente. Si nota in questo libro una padronanza dei mezzi espressivi davvero eccezionale, se si considera che si tratta di un esordio narrativo.

Ha incontrato particolari difficoltà nella traduzione?

La difficoltà principale era quella di rendere la fluidità dello stile. Quindi il lavoro di correzione delle bozze è stato particolarmente importante. Bacà ci racconta una storia che assomiglia a una favola filosofica, ed era essenziale che la scrittura francese si piegasse alle esigenze della narrazione, con la massima chiarezza possibile, in modo che tutto scorresse senza intoppi, che tutto si svolgesse nel modo più “naturale” possibile. Ho riletto molte cose ad alta voce, finché non ho sentito il linguaggio fluire.

Per il resto, il romanzo è scritto molto bene, quindi non ho riscontrato i problemi che si hanno talora con libri dal linguaggio poco chiaro. In effetti, è ovvio dirlo, ma quanto migliore è la scrittura, tanto più facile è la traduzione: le parole sono al posto giusto, i concetti sono chiari, la struttura è solida, il ritmo armonioso. Altrimenti, si traduce una prima frase, una seconda, una terza, e si scopre che, anche se la traduzione è giusta, il tutto non funziona: manca sempre qualcosa, perché l’editing non è stato fatto nella lingua di partenza.

Questa è una delle insidie con cui ci si scontra sempre più spesso, e non solo nel caso della letteratura italiana, ma in generale. I ritmi di produzione e le restrizioni di bilancio (in termini di correzione e produzione) sono in parte responsabili di questa sorta di disinteresse per la forma, un arretramento rispetto al passato. Ma non solo: un certo numero di critici letterari si concentra sulla trama, tralasciando di parlare dello stile, della struttura, del ritmo, di tutto ciò che costituisce l’abilità dello scrittore, o dedicandovi solo poche righe.

In un buon libro, sostanza e forma devono essere equilibrate, in parti uguali, senza che l’una prevalga sull’altra, o meglio, in modo che l’una si fonda nell’altra. La lingua deve essere al servizio della storia, ma con una padronanza tale da poter essere dimenticata nel corso della lettura, altrimenti la storia non può reggere. A causa della tendenza a privilegiare il contenuto rispetto alla forma, quest’ultima viene sempre più trascurata nel paese d’origine e spesso spetta ai traduttori porvi rimedio nella lingua d’arrivo. In effetti, gli editori ci chiedono spesso di intervenire per “migliorare” lo stile, cosa che era piuttosto rara quando ho iniziato a lavorare in questo settore nei primi anni Novanta.

Quali sono, secondo lei, i punti di forza di questo libro?

La scrittura, di cui il lettore non si accorge necessariamente perché è così abile; i dialoghi che colpiscono; la struttura che svela gradualmente la psicologia dei personaggi; il tono frizzante, le situazioni bizzarre; i diversi livelli di lettura; l’eleganza. Il tutto emana molta energia, direi addirittura gioia. Sì, questo è un libro davvero esultante.

Vale la pena ricordare che l’assurdo gioca un ruolo importante nel libro (mi viene in mente la scena della piscina, per esempio). Kurt, il protagonista, lavora nel campo della statistica. Le statistiche, come i luoghi comuni che veicolano, hanno un lato rassicurante, perché offrono un quadro, entro i cui limiti immaginiamo di poter prevedere tutto, controllare tutto. Si tratta naturalmente di un’illusione, che Kurt sperimenta nel corso del romanzo, passando da una situazione assurda all’altra, accompagnato dal lettore. L’idea principale del libro è che esiste una “benevolenza cosmica” le cui leggi ci sfuggono. È quindi inutile cercare di dominare la vita: la vita ci sorprenderà sempre, e a maggior ragione quando ci abbandoneremo ad essa. Almeno così io ho inteso.

Ma questo non è un libro con una tesi, con un messaggio, tutto è molto ben congegnato, le situazioni si presentano in modo naturale e ci coinvolgono facilmente. Poiché ci sono diversi livelli di lettura, ci si può accontentare della trama, con i suoi numerosi colpi di scena, e si trascorrerà quindi un piacevole momento, incollati alla pagina; ma si può anche approfittare del taglio filosofico, che invita a riflettere. Queste due possibili voci sono la prova che il libro è un successo. Infatti, ogni volta che rileggevo il testo, scoprivo nuovi dettagli, nuovi aspetti. Per questo motivo, non mi sono mai sentito stanca del mio lavoro.

Come le è venuta l’idea di tradurre il titolo Une chance insolente?

Francamente, mi piaceva il titolo originale, Benevolenza cosmica, che avevo tradotto letteralmente come Bienveillance cosmique. Ma l’editore probabilmente ha pensato che fosse troppo misterioso, o non abbastanza esplicito. Tuttavia, l’espressione si trova nel corpo del testo ed è importante perché sottolinea l’idea che viviamo in un universo le cui leggi armoniose e benevole sfuggono alla ragione e alla statistica.

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