Ossimoro e quantum:
il libro italiano in Canada
Seconda parte
Autore: Fulvio Caccia
Fulvio Caccia è un protagonista e un osservatore della scena letteraria e dei suoi cambiamenti. Vincitore del Governor of Canada’s Literary Award per la poesia in lingua francese, esplora le trasformazioni della soggettività umana sia nei suoi saggi sia nella sua narrativa: Sous le signe du Phénix, 1985), La République mêtis (Balzac éditions, 1996) e, più recentemente, La diversité culturelle : vers l’État-culture (Laborintus, 2017). I romanzi La ligne gothique, La coïncidence e Le secret esplorano l’identità dei migranti nelle loro tragedie più intime. E se questa fosse in realtà una delle manifestazioni dell’amore? Ti voglio bene è il titolo di una lunga poesia scritta in francese (La feuille de thé, 2023). Anima il sito www.fulvio-caccia.com.
Una letteratura che nasce. Un secolo dopo, la letteratura canadese è in piena attività, sia in francese sia in inglese. Margaret Atwood è ai blocchi di partenza. Marshall McLuhan è diventato il guru del “villaggio globale”. In francese, Rejean Ducharme scrive La fille de Christophe Colomb in alessandrini. Il cosiddetto “viaggio in Italia” torna a essere un motivo letterario e un’esperienza importante. Alla fine degli anni Cinquanta, Yves Theriault, romanziere dell’estremo Nord, va in Italia per trovare ispirazione. Hubert Aquin sceglie l’Italia rinascimentale come sfondo per L’Antiphonaire, il suo romanzo più significativo. Gli scrittori italiani diventano così compagni di un’altra modernità letteraria.
Il primo di questi è stato senza dubbio Italo Calvino. Scrive Se una notte d’inverno un viaggiatore, ma tutte le sue opere hanno successo, comprese le Lezioni americane, che incuriosiscono un pubblico di giovani lettori desiderosi di sperimentare nuove forme di linguaggio. La lotta di Leonardo Sciascia contro la delinquenza organizzata e la corruzione richiama l’attenzione dell’opinione canadese proprio nel momento in cui un’inchiesta statale rivela il ruolo della mafia sul territorio nazionale. Questo porta alla creazione, nel 1972, del Congresso Nazionale degli Italo-Canadesi, che si dà il compito di difendere l’immagine e gli interessi della comunità. Ma l’Italia fa sognare anche quando i suoi scrittori attraversano le frontiere. Trieste, la città dei confini, richiama Montréal con il suo multiculturalismo dell’estremo nord. Svevo, Magris e Daniele del Giudice non lasciano indifferenti i lettori di questa “presqu’America”, come canta Robert Charlebois; lo stesso accade per i libri di Antonio Tabucchi, che guardano però a diversi orizzonti, più meridionali. I reportage e i romanzi di Oriana Fallaci piacciono ai lettori dei movimenti femministi. L’altro peso massimo è, naturalmente, Umberto Eco. I suoi saggi, come la sua narrativa, spinti dal cinema, riscuotono un grande successo. Una sua tournée in Canada, degna di una rockstar, porta alla pubblicazione di un libro intitolato Incontro da parte delle Edizioni Guernica, in occasione del conferimento del dottorato honoris causa da parte della Laurentian University. Questa casa editrice canadese, fondata e diretta per trentatré anni da Antonio D’Alfonso, ha svolto un ruolo fondamentale sia per gli scrittori italo-canadesi che non scrivevano più nella loro lingua madre, sia per quelli che ancora lo facevano, ma che non avevano uno sbocco editoriale in Canada.
Gli scrittori italiani “autoctoni”. Ciò è particolarmente vero per Camillo Carli, fondatore dell’influente Tribuna italiana, probabilmente la migliore testata della stampa italiana canadese. Il suo romanzo La giornata di Fabio è stato pubblicato per la prima volta in Italia (Lalli,1984) e poi tradotto in francese in Canada da Maurizia Binda (1991); Tonino Caticchio ha autopubblicato La poesia italiana del Québec (1983); Romano Perticarini di Vancouver ha scritto in italiano le poesie della raccolta Via Diaz, tradotte in inglese da Carlo Giacobbe in edizione bilingue (1988); Filippo Salvatore ha pubblicato Tufo e Gramigna (1977) prima di tradurlo con il titolo: Suns of Darkness (1980); Claudio Antonelli rimane fedele alla lingua di Dante: Scritti canadesi, partenze e ritorni di un italiano all’estero, è una raccolta di quasi 200 cronache e conferenze su questi temi, pubblicata nel 2002 a Montréal da Losna & Tron.
Ma il contributo più originale a questo panorama ricco di contrasti è senza dubbio quello di Lamberto Tassinari. Direttore e cofondatore della rivista ViceVersa, Tassinari ha pubblicato la prima edizione del suo “intrigante” saggio: Shakespeare? È il nome d’arte di John Florio. A questa è seguita la traduzione inglese di William McCuaig (Giano, 2013) e quella francese di Michel Vaïs, pubblicata a Parigi (Le bord de l’eau, 2016) con il titolo: John Florio alias Shakespeare. Lo scrittore fiorentino vi difende autorevolmente la tesi che Shakespeare fosse figlio di un esule italiano di origine ebraica. Non è un caso che un libro come questo, che ha avuto una forte risonanza in tutta Europa, venga pubblicato in Canada. L’autore propone una nuova lettura delle origini straniere di ogni letteratura cosiddetta “nazionale”. E non è nemmeno un caso che l’Italia e i suoi autori, emigrati o meno, siano al centro di questo processo. Questo sarebbe un bel tema di discussione anche per l’Associazione degli scrittori italo-canadesi (https://aicw.ca/books/) fondata a Vancouver nel 1988.
Scrittori italocanadesi. Da allora, sia il loro numero che quello delle antologie che li riuniscono hanno continuato a crescere. Anche il mondo accademico diventa più strutturato e diversificato. Joe Pivato dell’Università di Arthabasca ne è stato il capofila. Ha tenuto il primo corso di letteratura italo-canadese e ha pubblicato Contrasts: Comparative Essays on Italian-Canadian Writing (Guernica 1985-1991).
Per quanto riguarda i romanzi in lingua inglese, Nino Ricci impone il suo marchio di qualità. Lives of the Saints (Cormorant Books, 1990), primo romanzo di una trilogia, gli è valso il Governor General’s Award for Fiction, il più alto riconoscimento letterario del Canada. Dieci anni dopo, nel 2010, l’attribuzione di questo stesso premio al suoThe Origin of species fa di lui il romanziere canadese di maggior successo della sua generazione.
Donne scrittrici alla ribalta. Le scrittrici italiane di lingua inglese non sono da meno. Mary di Michele e Caterina Edwards si fanno conoscere sia a Calgary sia a Toronto. A Montréal è Mary Melfy che fa sentire la sua voce. Il surrealismo del suo universo poetico, scandito da fraseggi bruschi e popolato da immagini sorprendenti e lapidarie, riflette le disuguaglianze di una società ossessionata dal mito del progresso. E questo accade anche nel suo teatro. Italia rivisitata (Guernica, 2009) tradotto in francese da Claude Beland (Triptyque, 2015) è un UFO tra memoir e documento etnografico che le è valso un riconoscimento ben meritato.
Scrittori italo-quebbecchesi. Minoritario in seno a una minoranza, l’attivismo editoriale degli italofoni francofoni si manifesta con maggiore discrezione. Marco Micone è stato il primo a farsi un nome e a rivendicarlo in modo forte e chiaro. Le sue opere teatrali come Gens du silence (1980), Addolorata (1984) Déjà l’agonie (1988) evocano il paradosso del figlio di un immigrato italiano intrappolato nel silenzio dei genitori e… nel suo trilinguismo, che di norma dovrebbe emanciparlo. Tra le scrittrici, Carole David, la cui madre è italiana, è la più importante. Ha partecipato all’antologia Quêtes (1984), curata dal sottoscritto e da Antonio d’Alfonso, che riunisce diciotto scrittori italo-quebecchesi. Ha pubblicato una ventina di libri, tra cui Terra vecchia (Les Herbes rouges, 2005), e Francis Catalano ha riscoperto le sue radici italiane partecipando alla stessa antologia. Da allora ha continuato a esplorarle, attraverso le traduzioni di poeti italiani contemporanei come Valerio Magrelli (2000), Fabio Scotto (2016) e Antonio Porta (2009), tutte pubblicate presso l’éditore Le Noroît. Lui stesso poeta, scrive nel 2012 il suo primo romanzo, On achève parfois ses romans en Italie (L’Hexagone), dove racconta un viaggio iniziatico in Italia.
Alla fine di questa densa ma troppo breve panoramica, vale la pena chiedersi se i libri italiani in Canada abbiano cambiato il loro status: sono ancora confinati nella categoria della “letteratura straniera” o sono un’appendice di una letteratura postcoloniale emergente? Sono il prodotto di un consumismo ultraliberale o il culmine del processo di emancipazione di una comunità di lettori diventata transculturale? Le domande restano aperte. Da questo punto di vista, il Canada è un caso esemplare. Il libro italiano accompagna lo sviluppo della sua cultura rimanendo allo stesso tempo visibile e invisibile. È proprio un “oggetto quantico”, la metafora stessa del nostro universo in perpetua trasformazione e della nostra modernità.