Inchieste
22 Maggio 2024

Il libro italiano in Ungheria
Parte seconda

Autore: Margit Lukácsi, Katholische Universität Pázmany Péter in Budapest

Il libro italiano in Ungheria <br><i>Parte seconda</i>

Nelle scelte editoriali contano molto le classifiche di vendita, la posizione che un’opera vi occupa, se è stata presentata a festival e fiere del libro, se ha vinto dei premi e, soprattutto, se l’autore è disposto a promuovere il libro, partecipando a presentazioni e varie altre manifestazioni. La presenza attiva dell’autore offre una certa garanzia per il successo del libro tradotto. Ma può essere altrettanto interessante il fatto che l’autore sia invisibile e, pur sapendo che esiste, si rimane affascinati dall’alone di mistero intorno alla sua persona: è il caso di Elena Ferrante, della quale quasi tutti i libri sono stati tradotti in ungherese. Il caso di Antonio Tabucchi potrebbe essere l’esempio contrario – un autore molto stimato, forse più all’estero che in patria – il cui primo romanzo tradotto in ungherese è uscito nel 1980 (Piazza d’Italia) e le traduzioni delle altre sue opere sono state pubblicate molti anni dopo; tra queste Sostiene Pereira (1999), Il gioco del rovescio (2002) e Notturno indiano (2003). Tabucchi non è mai diventato un caso letterario in Ungheria: è rimasto un autore conosciuto nell’ambito degli specialisti di italianistica e di un pubblico raffinato che legge ancora le riviste letterarie su cui sono usciti, in ungherese, numerosi suoi racconti e brani di romanzi. È inoltre interessante la fortuna di Andrea Camilleri, il quale gode di un successo enorme in Italia e in Germania, mentre in Ungheria è conosciuto da pochi fan, nonostante i sette-otto libri tradotti, i suoi gialli e un romanzo storico, Il birraio di Preston.

Si potrebbe continuare l’elenco delle traduzioni[1] menzionando autori italiani che hanno riscosso grande successo in patria. Alcuni titoli sono diventati veri bestseller in Ungheria: Alessandro Baricco (12 titoli), Elena Ferrante (10), Niccolò Ammaniti (4), Melania Mazzucco (4), Stefano Benni (3), Paolo Giordano (3), Dacia Maraini (3), Roberto Saviano (3), Silvia Avallone (2), Paolo Cognetti (2), Margaret Mazzantini (2), Donatella Pietrantonio (2). Tra le traduzioni degli ultimi due-tre anni (2021-2023) sono da menzionare Roberto Calasso (Ka), Nicola Lagioia (La città dei vivi), Sandro Veronesi (Il Colibrì), Giulia Caminito (L’acqua del lago non è mai dolce). Giorgio Pressbburger (8) ed Edith Bruck (5), per le loro origini ungheresi godono di un’attenzione privilegiata in Ungheria.

In un contesto editoriale in cui sono sempre più numerosi i libri di intrattenimento (romanzi rosa, gialli, romanzi storici, libri sul calcio), i titoli tradotti di «alta letteratura» sono relativamente pochi. Benché siano quasi totalmente scomparse le antologie (sia di prosa sia di poesia), negli ultimi due decenni devono essere menzionate alcune eroiche iniziative editoriali. Due sono della casa editrice Noran di Budapest: un’antologia di racconti, «Decamerone italiano del ventesimo secolo» (Huszadik századi olasz dekameron, 2005), nella collana «Modern dekameron» in cui sono state pubblicate 15 antologie di racconti di 15 aree linguistiche diverse; e l’antologia di racconti erotici «Erato italiano» (Olasz erato, 2005). La terza iniziativa, altrettanto coraggiosa, riguarda la poesia: si tratta dell’antologia poetica Online barokk («Barocco online» 2012), una raccolta bilingue di duecento poesie composte da cinquantadue poeti della seconda metà del Novecento, come Nanni Balestrini, Antonio Porta, Elio Pagliarani, Carlo Villa, Adriano Spatola, Giulia Niccolai, Cesare Viviani, Tomaso Kemeny ecc. Sono da considerare «iniziative eroiche» perché la pubblicazione della poesia italiana contemporanea è ancora fortemente lacunosa in Ungheria. E questo non perché manchino traduttori, anzi: i traduttori-poeti ci sono, ma il loro lavoro quasi sempre rimane in ombra o, al massimo, trova ospitalità presso case editrici minori. Alcuni esempi: una raccolta di poesie di Mario Luzi, («La cupa fiamma che ricade», 2008); Laborintus di Edoardo Sanguineti (2008); e una raccolta di poesie di Aldo Palazzeschi «Così mi piace» (2016).

Andranno segnalati poi alcuni risultati eccezionali: la già citata nuova traduzione della Divina Commedia di Dante in edizione commentata (2016), un evento di forte impatto in ambito letterario e non solo nel settore dell’italianistica; la traduzione delle opere complete di Umberto Eco; il completamento dell’edizione delle opere di classici del Novecento come Pirandello, Calvino, Buzzati e Pasolini. Si tratta in parte di ripubblicazione in edizioni rivedute di traduzioni già esistenti e in parte di traduzioni nuove, come nel caso di Pasolini, di cui sono stati tradotti non solo i romanzi (Ragazzi di vita, Una vita violenta, Petrolio), ma anche le sceneggiature, le opere poetiche e alcuni titoli di saggistica (Empirismo eretico). Allo stesso tempo, questi editori non mancano di proporre altri autori di indiscutibile valore letterario, come i già citati Claudio Magris e Antonio Tabucchi, nonché opere di Primo LeviSe questo è un uomo e La tregua (2014) e alcuni racconti sotto il titolo Angyali pillangó, «Angelica farfalla» (2004) e di Sebastiano Vassalli La Chimera (2002). Restano lacune nelle traduzioni di opere di alta qualità letteraria (classici contemporanei, saggisti etc.) e molto vi sarebbe da fare per meglio promuovere presso un più largo pubblico le traduzioni esistenti.

Non dovrà essere infine dimenticato il lavoro svolto da tutti quegli editori che operano nel settore scolastico e universitario e che pubblicano le opere dei grandi autori dei secoli più lontani, dall’Umanesimo al Barocco fino al Romanticismo. Tali edizioni circolano soprattutto tra gli studiosi e gli studenti universitari, raramente raggiungono un pubblico più ampio.

In conclusione, credo che il quadro non sia troppo diverso da quello dei paesi europei che hanno vissuto e vivono in contesti storico-culturale-linguistici simili a quello dell’Ungheria. Una cosa è certa: la figura del traduttore è un fattore fondamentale, che agisce un po’come un astuto mercante, un po’ come un ambasciatore colto. Il traduttore-mediatore è una sorta di “rappresentante” dell’autore e della sua opera, oggi più che mai.

 

[1] Molti dei titoli tradotti in ungherese hanno potuto beneficiare, per il tramite dell’Istituto Italiano di Cultura di Budapest, dei contributi alla traduzione di opere letterarie e scientifiche messi a disposizione dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

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