L’Inferno di Dante tradotto e visualizzato da Tom Phillips
Autore: Alberto Casadei, Università di Pisa
Nel Novecento, tra le più singolari e notevoli versioni in inglese dell’Inferno si conta quella dell’artista inglese Tom Phillips (1937). La prima edizione (The Divine Comedy of Dante Alighieri. Inferno. A Verse Translation by Tom Phillips with Images and Commentary) è stata edita in 180 copie da Talfourd Press di Londra nel 1983; una versione economica, con note di commento, è Dante’s “Inferno”, tradotta e illustrata da T. Ph., London-New York, Thames and Hudson, 1985. La particolarità di questa edizione sta nel fatto che l’artista, dopo uno studio pluriennale dell’opera di Dante, ha deciso di proporne una sua personale traduzione, accompagnata da 138 illustrazioni (2 introduttive e 4 per canto), su cui poi si è anche soffermato con spiegazioni dettagliate, grazie all’apparato finale di Iconographical notes and commentary on the illustrations (pp. 281-311 dell’ed. 1985, cui si farà riferimento).
Phillips appartiene alla fase maggiore della pop art anglosassone ed è facile notare nelle sue illustrazioni quelli che sono stati considerati i tratti tipici del postmodernismo: il riuso citazionistico di opere celebri, oggetti di culto, icone della società di massa ecc. Ma Phillips ha lavorato a numerosi livres d’artiste, di cui si possono avere notizie attraverso il suo sito , e le sue riletture si distinguono per l’accuratezza della preparazione e l’originalità delle soluzioni adottate. In questo caso l’obiettivo è stato quello di realizzare un commento visuale che desse conto dello statuto della Divina commedia in quanto “House of Memory”, ossia grandioso repertorio di caratteristiche umane perenni, adattabili al periodo coevo così come alle varie fasi storiche della ricezione. Le visualizzazioni del nuovo interprete vogliono indicare un percorso che riguarda gli uomini attuali, essendo il protagonista anche Everyman, secondo il noto assunto del critico Charles S. Singleton qui recuperato (cfr. pp. 283-285). Nell’ambito di questa scheda, forniamo almeno alcuni esempi di come ha operato Phillips (per approfondimenti, si vedano Kerstin F. M. Blum Im Anfang war das Wort. Tom Phillips illustrativ-poetische Dante-Rezeption, Bamberg, University of Bamberg Press, 2016; Alberto Casadei, Dante. Interpretare la “Divina Commedia”, Milano, il Saggiatore, 2020).
La traduzione in inglese è limpida e molto scorrevole, spesso motivata sulla base di un attento studio della bibliografia critica. Molto significativo però è sempre il rapporto con le immagini corrispondenti, che hanno un valore esemplare e insieme evocativo. Per esempio, la famosa profezia del Veltro (canto I, vv. 100 ss.) è così tradotta: “until the Hound / shall come to bring her [la lupa] down in agony. He shall not feed on land and property, / but wisdom rather, love and moral strength…” (p. 12). Ma il misterioso cane da caccia-salvatore viene anche visualizzato, prendendo a base l’icona della compagnia di pullman statunitense Greyhound (un levriero in corsa: si può vedere nel sito www.greyhound.com). L’idea di fondo è ben tradotta nell’illustrazione di p. 15, perché il Veltro viene rappresentato in quattro immagini rielaborate, ciascuna delle quali indica uno dei quattro sensi delle Sacre scritture (ma in teoria anche della Divina commedia), letterale, allegorico, morale e anagogico. Testo e illustrazioni si integrano, con notevole efficacia anche didattica.
Molto più liberi sono altri accostamenti, per esempio nel caso del canto V, cioè quello di Francesca da Rimini. La traduzione dei celebri versi con l’anafora di “Amor” (100-107) è anche in questo caso accurata, persino nel riproporre complesse figure retoriche: “Amor, ch’a nullo amato amar perdona” (v. 103) viene tradotto “Love that releases none, if loved, from love” (p. 44), mantenendo il poliptoto, sia pure in una sintassi più semplice. Pure in questo episodio è fondamentale il rapporto con l’illustrazione (p. 47), che rievoca il destino tragico di Francesca e del suo amante Paolo Malatesta lavorando sulle silhouettes di Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso Terrestre, secondo la rappresentazione di Michelangelo nella volta della Cappella Sistina (la scelta è spiegata bene nella nota di pp. 288 s.).
In tanti altri casi la traduzione viene accompagnata da immagini singolari, a volte grottesche e appunto ‘comiche’: nel canto XXXI, quello dei giganti, a p. 253 compare un King-Kong pronto a distruggere tanto una moderna New York con tutti i suoi grattacieli quanto, in primo piano, le torri di una città antica, San Gimignano (così specifica la nota di p. 307). Molto raffinate sono poi le rielaborazioni del ritratto di Dante (in copertina e nel controfrontespizio, p. 2) in una posa che dipende con evidenza dal celebre affresco di Luca Signorelli nella cappella di San Brizio a Orvieto (ca. 1499-1502), che però è arricchito di nuovi oggetti simbolici e allegorici.
Come si può comprendere anche da questi pochi riferimenti, si tratta di un’opera di altissimo valore, che merita attenzione nell’ambito delle celebrazioni dantesche del 2021. Alcune delle illustrazioni originali di Phillips sono conservate alla Tate Modern Gallery di Londra. Varie riproduzioni sono proposte sul suo sito, al link indicato.