Antonio Tabucchi in Portogallo
Autore: Clelia Bettini
In Italia, prima che altrove, molti lettori hanno conosciuto il Portogallo attraverso le pagine di Antonio Tabucchi, così come hanno potuto leggere la poesia e la prosa di Fernando Pessoa grazie alle edizioni da lui curate insieme a Maria José de Lancastre. La storia del rapporto tra Tabucchi e il Portogallo è lunga e complessa, dotata di molte sfaccettature e caratterizzata da una stima mutua e sincera. Se ne vuole qui segnare qualche nota tematica, in primo luogo perché tale amicizia costituisce una delle linee armoniche più importanti dell’intera partitura letteraria tabucchiana, ma anche perché è ormai divenuta parte integrante della storia delle relazioni culturali fra l’Italia e il Portogallo.
È stata la poesia di Fernando Pessoa ad accendere l’interesse di un giovane studente appassionato di letteratura per un paese che, negli anni Sessanta del Novecento, era pressoché sconosciuto alla maggior parte degli italiani. L’incontro con il poeta portoghese è avvenuto per opera del caso: subito dopo aver terminato gli studi liceali, Tabucchi aveva deciso di trascorrere un anno a Parigi, per assistere ad alcuni seminari della Sorbona. Nel 1964, ormai in procinto di rientrare a Pisa per iscriversi alla Facoltà di Lettere, Antonio Tabucchi compra una plaquette intitolata Beaureu de Tabac da un bouquiniste e scopre così Tabacaria [Tabaccheria], una delle poesie più filosofiche e originali dell’eteronimo pessoano Álvaro de Campos. Al suo rientro a Pisa matura la convinzione di voler imparare la lingua di quel poeta che tanto lo aveva colpito e il caso, ancora una volta, lo porta all’incontro con la docente di letteratura portoghese dell’ateneo pisano, già allora fra le più importanti voci della lusitanistica italiana, che lo seguirà nel suo percorso universitario: Luciana Stegagno Picchio. L’anno successivo, insieme a un amico, Tabucchi attraversa la Francia e la Spagna a bordo di una Cinquecento, per andare a conoscere quel piccolo paese affacciato sull’Oceano Atlantico di cui si era messo a studiare la lingua e la letteratura. Dopo quella prima visita, Tabucchi tornerà ogni anno in Portogallo, inizierà a trascorrervi le estati, assieme alla famiglia (nel frattempo infatti ha sposato la lusitanista e traduttrice Maria José de Lancastre); a partire dagli anni Duemila i soggiorni si fanno più frequenti e più lunghi, dividendo la propria vita “nomade” tra la Toscana (Firenze, Vecchiano), Parigi e Lisbona.
Fino dai suoi primi soggiorni portoghesi, Tabucchi entra in contatto con scrittori, poeti e artisti che contribuiscono direttamente alla sua conoscenza del paese, della sua cultura e, in particolare, della sua letteratura. Il Portogallo a quel tempo è una nazione isolata dal resto dell’Europa, schiacciata da una dittatura oppressiva e, per reazione, il linguaggio artistico contemporaneo si è fatto ancora più allusivo e criptico rispetto persino alle avanguardie degli inizi del secolo, e si rivela anche per questo di grande interesse per uno studioso. Tabucchi frequenta le biblioteche e gli archivi di Lisbona, ma anche molti fra gli intellettuali e gli artisti che si erano schierati dalla parte della libertà, contro la sopraffazione di quel regime fascista sopravvissuto alla Seconda guerra mondiale che condannava qualunque tentativo di dissenso. I poeti Alexandre O’Neill e Mário Cesariny, fautori di un tardivo quanto originale surrealismo portoghese, sono fra le sue più assidue frequentazioni, e proprio a quel movimento Tabucchi dedicherà la sua tesi di laurea che darà origine a una antologia in traduzione italiana pubblicata da Einaudi nella prestigiosa collana bianca.
Sebbene il Portogallo e la cultura portoghese siano da tempo al centro dei suoi studi, l’esordio narrativo di Tabucchi è tutto toscano: il romanzo Piazza d’Italia (Bompiani, 1975) e il successivo Il piccolo naviglio (Mondadori, 1978) sono si nutrono profondamente dei luoghi dell’infanzia dell’autore, anche se trasfigurati e del tutto privi della patina provinciale tipica degli “scrittori locali”. Quando però Tabucchi passa alla forma breve, ecco che il Portogallo, rifratto in multiple dimensioni, fa la sua prima comparsa fra le pagine dei suoi libri. Con Il gioco del rovescio (Il Saggiatore, 1981) si afferma come uno dei narratori più interessanti del suo tempo, con quell’incedere misterioso sospeso tra sogno e realtà che sarà sempre una della cifre della sua letteratura. Tabucchi conosce molto bene Lisbona e il Portogallo, le pieghe nascoste della complessa storia di un paese antico e coloniale (si pensi al Mozambico che fa da scenario al racconto Teatro) e tale conoscenza arriva in modo del tutto naturale anche a chi non può averne coscienza, dissipando qualunque sospetto di esotismo fine a se stesso. Così il Portogallo, agli inizi degli anni Ottanta, paese tanto affascinante quanto sconosciuto, emerge tra le pagine della più moderna letteratura italiana.
Due anni più tardi, Tabucchi scrittore fa la sua prima apparizione fra gli scaffali delle librerie portoghesi. Il primo libro pubblicato dalla storica casa editrice lisbonese Vega è proprio Il gioco del rovescio (Vega, 1983), tradotto da Maria José de Lancastre e Maria Emília Marques Mano, con la prefazione di uno dei più importanti narratori portoghesi contemporanei, José Cardoso Pires. La prefazione di Cardoso Pires è forse uno dei testi più illuminanti mai scritti su la prima raccolta di racconti tabucchiani e meriterebbe di essere nota anche ai lettori italiani, sebbene sia stata scritta per presentare ai portoghesi uno scrittore italiano che non conoscevano ancora. Basterà citarne l’incipit, tuttavia, per comprendere come questo primo libro sorprenda una delle voci protagoniste della letteratura portoghese di allora:
Questa voce così singolare, lavorata da secoli di letture e di viaggi, basta leggerla una volta perché continui a perdurare dentro di noi.[1]
Ed effettivamente, da quella prima pubblicazione tabucchiana, nella stessa collana in cui uscirà anche la traduzione di Se una notte d’inverno un viaggiatore di Calvino, la voce portoghese di Tabucchi non solo perdurerà, ma acquisterà sempre più forza e importanza in Portogallo, perché capace di raccontare il paese partendo da uno sguardo allo stesso tempo esterno e interno a esso.
Il secondo titolo pubblicato nel paese atlantico è Donna di Porto Pim e altre storie (Selllerio, 1983), ad appena un anno di distanza dalla sua uscita in Italia. Si tratta di una raccolta di testi nati da un periodo trascorso alle isole Azzorre, arcipelago portoghese situato a metà strada tra la costa di Lisbona e quella degli Stati Uniti. Le Azzorre sono isole di pescatori e allevatori di bestiame, famose per essere zona di passaggio di diverse specie balene, durante le loro traversate atlantiche. La caccia al capodoglio e al suo prezioso spermaceti è stata una delle attività produttive più importanti di alcune tra le isole dell’arcipelago, tra la fine dell’Ottocento e gli anni Ottanta del Novecento. Di quelle isole portoghesi e dei loro balenieri si parla anche nel capolavoro di Melville, e furono proprio i marinai di Nantucket a introdurvi la pratica della caccia ai cetacei. Misteriose creature del mare, annotazioni sui cetacei e la pratica di cacciarli, arpioni assai simili a quello del fiero Queequeg, ma anche la biografia immaginata del poeta Antero de Quental (1842-1891), danno origine a un libro completamente portoghese, ma del tutto nuovo per il Portogallo: fatta eccezione per il reportage As ilhas desconhecidas (1926) [Le isole sconosciute] dello scrittore e giornalista Raul Brandão e il romanzo realista Mau tempo no canal (1944) [Brutto tempo sul canale] dell’azzorriano Vitorino Nemésio, l’arcipelago atlantico non era mai stato materia di letteratura (non a caso Brandão aveva scelto come attributo per le isole che voleva descrivere l’aggettivo sconosciute). Donna di Porto Pim è accolto con grande entusiasmo dalla critica e dai lettori portoghesi, e Tabucchi diviene lo scrittore italiano contemporaneo più conosciuto nel paese di Pessoa, poeta che continua a studiare e a tradurre (ancora del 1984 è la pubblicazione per i tipi della Imprensa Nacional – Casa da Moeda della raccolta di saggi su Pessoa dal titolo Pessoana mínima).
Nel 1987 la neonata casa editrice Quetzal, che diventerà in seguito uno degli editori portoghesi di riferimento per la narrativa contemporanea, pubblica un nuovo titolo di Tabucchi, Notturno indiano (Sellerio, 1984). In quello stesso anno, per Notturno indiano Tabucchi vince il Prix “Médicis Etranger”, premio che, in un certo senso, sancisce la fama internazionale dello scrittore italiano. In una quête notturna raccontata in prima persona dal protagonista, il Portogallo e la sua complessa eredità coloniale si rivelano in modo assolutamente originale, sia per i lettori italiani, sia per quelli portoghesi. L’io narrante parte alla volta dell’India, alla ricerca di un amico portoghese di nome Xavier, scomparso più di un anno prima, ma finisce per indagare il lato oscuro e nascosto della propria esistenza così come del mondo che lo circonda. E il passato coloniale portoghese non esce certo indenne da questa indagine (si pensi a quando, con l’ironia sottile che gli era propria, Tabucchi fa dire al suo protagonista che il crudele governatore delle Indie Afonso de Albuquerque (1453-1515), incontrato in sogno, gli pare molto somigliante all’Ivan il Terribile di Ejzenštejn).
In seguito, vengono pubblicati in Portogallo Piccoli equivoci senza importanza (Feltrinelli, 1985) per l’editore Difel (1988), e ancora per Quetzal, entrambi nel 1989, Il filo dell’orizzonte (Feltrinelli, 1986) e I volatili del Beato Angelico (Sellerio, 1987).
Nei Piccoli equivoci, Lisbona ritorna nel racconto Anywhere out of the world, dove si cita esplicitamente il poème en prose omonimo di Beaudelaire, dove il poeta chiede alla sua anima: ” Dis-moi, mon âme, pauvre âme refroidie, que penserais-tu d’habiter Lisbonne ? […]”. [2] Ne I volatili del Beato Angelico, nel racconto L’amore di Don Pedro, Tabucchi riprende la macabra leggenda dell’amore del Re D. Pedro per la nobildonna gallega Dona Inês de Castro, incoronata regina ormai cadavere, fatta uccidere dal padre del suo amato prima delle nozze. La triste storia della Regina Postuma era stata cantata mirabilmente a partire dai più importanti poeti portoghesi del Cinquecento (primi fra tutti Garcia de Resende nel suo Cancioneiro Geral (1516) e Luís Vaz de Camões nel Canto III de I Lusiadi (1572)), fino agli autori tardo-romantici di fine Ottocento, ma è Tabucchi a traghettarla nella letteratura del Novecento, facendola conoscere ai lettori italiani e stranieri. L’Asia portoghese, invece, compare di nuovo nel racconto Gli archivi di Macao, dove il protagonista si trova per raccogliere documenti sul poeta simbolista e oppiomane Camilo Pessanha, personaggio che tornerà sotto forma di fantasma nel romanzo postumo Per Isabel (Feltrinelli, 2013).
Tra il 1987 il 1989, Tabucchi è Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Lisbona, al cui interno crea uno “Spazio Portoghese”, luogo dedicato all’incontro fra la cultura italiana e quella del paese ospite, nell’ambito del quale si organizzano mostre, conferenze e dibattiti che vedono come protagonisti molti intellettuali e artisti sia italiani che portoghesi.
L’ultimo decennio del Novecento inizia per Tabucchi all’insegna di quello che è divenuto a tutti gli effetti il suo paese di adozione. Nel 1991 l’editore Quetzal pubblica in esclusiva il suo nuovo romanzo, scritto direttamente in lingua portoghese, Requiem. Uma alucinação. Come Tabucchi stesso riferisce più volte, Requiem nasce da un sogno in cui, stranamente, suo padre si rivolge a lui parlando in portoghese, lingua che non conosceva affatto. In una calda giornata di agosto, il protagonista vaga per una Lisbona deserta, nell’attesa di incontrare al ristorante un illustre commensale, dopo aver confuso il mezzogiorno con la mezzanotte. Se guardiamo all’opera di Tabucchi come un grande e articolato mosaico, Requiem rappresenta un tassello chiave per riuscire a comprenderla nel suo insieme, sia per quanto riguarda i temi che affronta, sia per il modo in cui lo fa, dal punto di vista strettamente letterario. Non è un caso che questo romanzo sia nato in portoghese, oltre che ambientato a Lisbona, così come è determinante il fatto che esso sia attraversato da una galleria di personaggi, immaginari o trasfigurati che siano, legati all’intima esperienza portoghese dell’autore.
Nello stesso anno di Requiem, esce in Italia la raccolta di racconti L’angelo nero (Feltrinelli, 1991), dove Tabucchi riunisce testi “fuligginosi” come l’angelo montaliano a cui il titolo rende omaggio. Fra questi compare Notte, mare o distanza, di ambientazione portoghese, che riconduce il lettore ai tempi cupi della dittatura e ai primi anni di permanenza del suo autore in Portogallo. La raccolta esce tradotta per Quetzal l’anno successivo, perché Tabucchi è ora un autore di punta e i suoi libri escono in Portogallo non appena il tempo materiale della traduzione lo permette. Nel 1993 è la volta di Sogni di sogni (Sellerio, 1992) che contiene il sogno di un unico, imprescindibile, poeta portoghese: Fernando Pessoa.
Tabucchi è ormai uno degli scrittori italiani più apprezzati in Italia e all’estero, ma è nel 1994 che raggiunge grande popolarità, con l’uscita di Sostiene Pereira e da quel momento in poi, non si potrà più pensare a Tabucchi senza il “suo”s Portogallo. Il successo del romanzo è immediato, consolidato l’anno successivo dall’uscita del film di Roberto Faenza, alla cui realizzazione Tabucchi collabora strettamente, pellicola che vede una delle ultime e più belle interpretazioni di Marcello Mastroianni. Un cast di primo livello di attori italiani e portoghesi, una Lisbona elegante e magica, portano la capitale portoghese, la sua musica e la sua luce, fino nei sogni di moltissimi lettori e spettatori italiani e stranieri. E in Portogallo, Tabucchi è senza dubbio uno degli scrittori contemporanei più noti e amati.
Nel 1997 esce in contemporanea nei due paesi La testa perduta di Damasceno Monteiro (Feltrinelli e Quetzal), romanzo ambientato a Oporto, che riprende gli stilemi del noir per raccontare la storia di un crimine efferato compiuto contro un cittadino portoghese di venticinque anni, realmente accaduto, di cui Tabucchi svela quasi profeticamente la soluzione. Si tratta di una storia portoghese, effettivamente, ma allo stesso tempo transazionale, perché metafora del funzionamento della Giustizia e del rispetto dei Diritti Umani nel mondo, esemplificata anche attraverso la figura del gitano Manolo, incarnazione di quel popolo Rom perseguitato dalle norme giuridiche di tutti i tempi e in tutti i luoghi che si è trovato ad abitare.
In quello stesso anno, Tabucchi è chiamato a far parte della delegazione di scrittori portoghesi che rappresenta il Portogallo alla Fiera del Libro di Francoforte, dove è paese-tema: la richiesta è inedita, non era mai accaduto che un autore non proveniente da un paese di lingua ufficiale portoghese venisse considerato tale, e denota un attestato di stima e affetto senza precedenti nei confronti dello scrittore italiano.
Dalla fine degli anni Novanta, Antonio Tabucchi trascorrerà sempre più tempo in Portogallo e nel 2004 gli viene conferita la cittadinanza portoghese per meriti culturali. Sono gli anni del più intenso impegno politico di Tabucchi, soprattutto in Italia e in Francia, ma anche in Portogallo e in Spagna. Le sue analisi vengono pubblicate dai maggiori quotidiani italiani, francesi, spagnoli e, ovviamente, portoghesi, ma spesso è il punto di osservazione più “periferico”, quello lisbonese, a permettergli di trovare la distanza necessaria per scrivere su quanto accade altrove. Ancora nei primi anni Duemila, Tabucchi cambia editore portoghese, lasciando Quetzal per passare alle edizioni D. Quixote, casa editrice che ha nel suo catalogo alcuni fra i maggiori scrittori contemporanei di tutto il mondo, con cui ripubblicherà progressivamente tutte le sue opere precedenti, così come le nuove uscite.
Il Portogallo si mantiene una presenza costante anche in quella che sarà l’ultima fase della sua produzione letteraria ma, come si è già detto, sempre all’interno di una costellazione composta dalle più diverse esperienze personali e culturali. Si pensi agli echi del Portogallo sefardita in Yo me enamoré del aire, racconti dell’ultima raccolta di racconti inediti pubblicata da Tabucchi, Il tempo invecchia in fretta (Feltrinelli, 2009) o ai testi portoghesi di Viaggi e altri viaggi (Feltrinelli, 2010), pubblicati in Portogallo già dopo la sua morte (rispettivamente nell’aprile del 2012 e nel 2013), avvenuta a Lisbona il 25 marzo 2012. Il sindaco di Lisbona farà allestire una camera ardente pubblica nel salone centrale della Biblioteca do Palácio Galveias, per rendere omaggio al “più italiano degli scrittori portoghesi” e le ceneri di Tabucchi saranno accolte nella sezione Escritores portugueses (Scrittori portoghesi) del Cemitério dos Prazeres, lo stesso dove il protagonista di Requiem si ritrovava a parlare con la Vecchia Zingara e con il fantasma dell’amico Tadeus, sospeso fra passato e presente, tra sogno e realtà.
[1] A. Tabucchi, O jogo do reverso, prefácio de José Cardoso Pires, Lisboa, Vega, 1983, p. 7.
[2] A.Tabucchi, Opere, a cura di Paolo Mauri e Thea Rimini, Milano, Mondadori 2019, vol. I, p. 689.