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13 Settembre 2023

Intervista agli editori Anna Foà e Marco Sodano (Acquario Libri)

Autore:
Maria Sica, direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv

Anna Foà ha lavorato per molti anni per la casa editrice Adelphi. Marco Sodano ha alle spalle trent’anni di giornalismo e attualmente lavora al quotidiano La Stampa. Nel 2019 hanno creato Acquario Libri.

 

Cos’è una casa editrice indipendente?

 

La nostra casa editrice non fa parte del sistema di distribuzione dei grandi gruppi, dentro cui si concentra la maggioranza delle case editrici. Gli editori sono anche proprietari del sistema di distribuzione più importante del Paese. Un’anomalia molto italiana. Restando fuori da quel sistema di distribuzione, che detta agli editori i tempi della produzione, riusciamo a lavorare meglio con le librerie indipendenti. Questo perché crediamo nel lavoro di scelta che fanno questi librai e nella loro capacità di proporre al pubblico i titoli di case editrici che non possono permettersi grandi investimenti pubblicitari e sono sganciate dal mainstream editoriale. Un mondo che ci convince poco perché vive di riflesso dell’attualità stringente, delle mode, dei nomi molto conosciuti, della solita compagnia di giro. Un mondo che si concede molto poco, e sempre meno, alla curiosità e all’azzardo che, secondo noi, invece, sono il sale del lavoro editoriale.

 

Come definireste la vostra casa editrice e vorrei chiedervi anche se indipendente ha per voi il significato di anticonformista.

 

Essere indipendenti significa seguire una logica propria, non condizionata dagli schemi prestabiliti: in questo senso siamo senza dubbio molto poco conformisti. Ma non siamo neppure anticonformisti per forza. Siamo due editori che hanno raccolto un gruppo di collaboratori e amici con diverse competenze: il metodo è quello che una volta si usava per le riviste, basate su un’intesa di fondo tra le persone. I libri devono piacere essenzialmente a noi. Pensiamo a Paola Lenarduzzi, che cura la grafica delle nostre copertine e lavora anche con editori ben più grandi di noi e al nostro tipografo Glauco Daverio (Lvg), che garantisce una qualità della stampa, dei materiali e della legatura che mette i nostri volumi sullo stesso piano di quelli dei grandi editori di qualità. E anche al lavoro del gruppo che cura i testi e tutto il contorno che li accompagna.

 

Quali sono il progetto e l’idea di Acquario?

 

Abbiamo deciso di fare i libri che ci piacciono (libri che spesso restano ai margini del panorama editoriale). Investiamo molto nella qualità dei nostri libri, e pensare alla qualità come punto di partenza cambia molti parametri. Il che non significa rifugiarsi in un “piccolo mondo antico”. Al contrario: pur molto concentrati sulla parte artigianale di questo lavoro, ci sentiamo liberi di esplorare altri mondi con tecniche nuove. Usiamo il mondo digitale, una miniera di opportunità, in un modo che abbiamo pensato, voluto e immaginato noi. I nostri libri sono nel Metaverso dalla fondazione, nel 2019. Non è l’uso frenetico (anche un po’ isterico) che vediamo fare dei social network, dei podcast, degli ebook. Noi usiamo il digitale per ampliare i confini del libro. Ogni volume contiene un QR code, attraverso quello si accede
a uno spazio che allarga la portata del racconto: un materiale d’autore, curato come tutto il resto, e riservato a chi compra il libro. Lo abbiamo chiamato Web Side: per alcuni titoli è un cortometraggio che tocca temi analoghi a quelli del libro; in un volume abbiamo incluso una selezione di capitoli letti da un’attrice e sonorizzati da un’orchestra; quando abbiamo pubblicato il primo titolo di Gila Almagor, L’estate di Aviha, la forza dell’autrice, un verso personaggio, ci ha convinti che l’idea giusta fosse un’intervista con lei. Nuovo, antico e ben fatto non sono in relazione diretta.

 

La storia della nascita di una casa editrice indipendente spesso coincide con un atto di ribellione, dalla volontà di qualche coraggioso che già orbitava intorno al mondo dell’editoria e della letteratura, ma che a un certo punto ha sentito la necessità di inserirsi all’interno del mercato editoriale e porsi come alternativa. Ci raccontate le circostanze in cui ha preso vita il progetto?

 

Nel nostro caso si sono incontrate due traiettorie diverse: una, Anna Foà, proveniva da una lunga storia editoriale, l’altro, Marco Sodano, da una lunga carriera di cura redazionale nei giornali. Entrambi condividevamo alcune idee di fondo, uno spirito inattuale e l’allergia a certi stereotipi.
Nel fare i libri con un’ottica ben precisa abbiamo trovato il punto d’incontro.
Non lo definiremmo anticonformismo, il punto non è contro chi, piuttosto quali storie si vogliono liberare, o meglio pubblicare. E per farlo si devono percorrere strade un po’ meno battute, non le chiameremmo alternative, ma rotte libere. «La meta si forma vivendo» dice Bazlen il nostro spirito guida, grande esploratore di libri e idee.

 

Ci spiegate come avviene il vostro rapporto col pubblico dei lettori?

 

Facciamo libri, anche complessi, puntando alla curiosità dei lettori non esperti di quella materia. Lavoriamo perché qualunque argomento diventi comprensibile, e leggibile, per tutti. Allo stesso modo i nostri eventi sono costruiti mescolando piani e competenze, incrociando mondi diversi: lettura, musica, arti visive, disegni, podcast e video. Ci sembrava che le presentazioni dei libri si fossero trasformate in riti sempre più ripetitivi e sempre meno capaci di attirare il pubblico.

 

Come è strutturata la programmazione editoriale?

 

Liberi dalle costrizioni della distribuzione, decidiamo solo noi che libri e quanti libri fare. In un anno ne pubblichiamo una media di 4-5.

 

Spiegateci qualcosa sulla ‘componente’ ebraica del catalogo di Acquario Libri. Come nasce? Come avviene la scelta dei titoli? 

 

L’ebraismo è un bagaglio che Anna Foà porta dentro Acquario, ma i testi si pubblicano solo se convincono entrambi gli editori, e se sono validi mostreranno anche i lati meno conosciuti di Israele, un paese spesso vittima di stereotipi. Detto questo bisogna tenere in conto due aspetti importati: il primo è che facciamo scouting in Israele, grazie a traduttori e curatori con cui abbiamo rapporti molto solidi. Così, per esempio, siamo arrivati ai titoli di Gila Almagor, che stranamente nessun editore italiano aveva ancora tradotto. Il secondo è che la cultura ebraica, la capacità di saldare la riflessione profonda con l’ironia e il disincanto, è un terreno cui un editore guarda con curiosità. E naturalmente questo non succede soltanto in ambito editoriale.

 

Nel corso del nostro incontro a Tel Aviv, Anna Foà ha accennato alla grafica e al nuovo progetto che dal 2019 ha interessato tutto il catalogo, rendendo i vostri libri molto riconoscibili oltre che davvero molto belli. La grafica è una vostra passione personale?

 

Sì, la grafica è una nostra passione e per noi ha un’importanza cruciale, non è qualcosa che si aggiunge al testo, è parte integrante del lavoro. Estetica e contenuto sono legati. Entrambi noi editori creiamo i libri insieme alla grafica Lenarduzzi e al tipografo Daverio. Dal testo al libro si arriva decidendo insieme. La grafica dev’essere pulita, chiara, coerente, e deve dare a colpo d’occhio una cifra che distingue dagli altri editori.

 

Ricordate un libro in particolare che rappresenta Acquario?

 

Da editori facciamo fatica a rispondere a una domanda come questa. Il nostro metodo di lavoro ci porta inevitabilmente su titoli in cui crediamo molto, tutti rispecchiano il nostro modo di vedere il mondo attraverso i libri. Pensiamo a Bazleniana, un omaggio al nostro nume tutelare che mostra per la prima volta i suoi disegni ed è concepito come un concept album in cui si realizzano le caratteristiche di fondo dei due editori: la storia editoriale e lo spirito della rivista. All’opposto, abbiamo pubblicato Fallisci e sei morto di Giulia Vola, un racconto sulla migrazione verso i paesi europei fatto al contrario, viaggiando nei paesi di origine dei migranti. Su un tema simile abbiamo pubblicato Il terremoto di Agadir di André Kaminski che ci mostra un europeo, negli Anni Sessanta, capace di restituire la complessità e la raffinatezza delle società maghrebine guardate con un occhio nuovo capace di vedere i limiti di noi occidentali che li identifichiamo come sottosviluppati. Ma non ci sentiamo di escludere nessuno dei nostri titoli: è il catalogo che rappresenta Acquario, il filo che dà senso alla collana.

 

Quale libro o autore vi ha dato maggiori soddisfazioni? E al contrario, un libro o autore sul quale puntavate molto e che vi ha invece deluso?

 

Quando un nostro titolo vende meno degli altri, ci chiediamo cosa possiamo fare per migliorare la comunicazione, la distribuzione. Dove possiamo organizzare un evento in più, su chi è necessario far leva perché sia conosciuto meglio. Nessuno dei nostri titoli ci ha deluso, qualcuno ha venduto meno di quanto prevedevamo. Ma il gioco è questo. E abbiamo davanti tutto il tempo per recuperare con il nostro pubblico. Nei quattro anni di attività di Acquario non abbiamo mai sventolato bandiera bianca su un libro andato meno bene del previsto. Un altro punto sul quale ci sentiamo liberi dal sistema della distribuzione mainstream è il concetto di novità. Noi continuiamo a organizzare eventi anche per i libri usciti due o tre anni fa: se si presenta l’occasione, se qualcuno ci chiede la disponibilità, se un nostro autore ha un’idea buona lo facciamo. Il nostro motto è: se non lo hai letto, allora è una novità.

 

Quali novità di Acquario ci consigliate di leggere prossimamente?  

 

Come abbiamo già detto, per noi tutti i titoli sono sullo stesso piano, ogni titolo del catalogo per noi è una novità e può durare anche anni. Nessun titolo ha vita effimera.
Tra quelli usciti quest’anno consigliamo L’ultima sigaretta di Riccardo Cepach, un divertente pamphlet sul fumo, un modo diverso di conoscere Svevo, togliendolo dalla polvere delle accademie.

Sodano e Foa

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